Gian Battista Vico nasce a Napoli il 23 giugno del 1668. gli studi di scolastica e di diritto gli consentono di svolgere prima il ruolo di precettore dei figli del marchese della Rocca poi, una volta tornato a Napoli, gli rendono possibile avere una cattedra di retorica in quella università. Visse una vita povera, senza ricevere mai particolari riconoscimenti. Morì a Napoli il 23 gennaio del 1744.
Gli scritti di Vico sono le cinque Orazioni inaugurali, Dell'antichissima sapienza italica da trarsi dalle origini della lingua latina (opera che nel progetto doveva essere costituita da tre libri, rispettivamente uno per la metafisica, un'altro per la fisica e il terzo per la morale, ma che rimase incompleta e composta esclusivamente dal primo volume). Nel 1725 pubblicava la sua prima edizione della sua opera più rinomata, i Principi di una scienza nuova intorno alla comune natura delle nazioni, opera accompagnata da un'Autobiografia; La Scienza Nuova fu riscritta quasi completamente nel 1730 e l'edizione del 1744 non differisce di molto da questa seconda edizione.
La filosofia di Vico si apre con una polemica contro Cartesio; in opposizione a Renato che afferma la conoscenza certa che l'uomo ha di se stesso e del proprio essere, Vico afferma che l'uomo può conoscere soltanto ciò che egli stesso ha creato. Questo il senso della famosa affermazione attribuita a Vico secondo cui il vero è il fatto.
La gnoseologia di Vico si impernia interamente sull'antitesi che si istituisce tra la conoscenza dell'uomo e quella di Dio; mentre a Dio appartiene l'intendere che è la conoscenza di tutti gli elementi che compongono l'oggetto e di tutte le loro relazioni, all'uomo appartiene, invece, il pensare, l'andar raccogliendo fuori di sé alcuni degli elementi costitutivi dell'oggetto. La ragione, vero organo dell'intendere, appartiene soltanto a Dio, l'uomo, però, in compenso ne è partecipe. Dio e l'uomo possono conoscere con verità soltanto ciò che fanno, ma il fare di Dio è creazione di un oggetto reale mentre il fare dell'uomo e semplice creazione di un oggetto fittizio. la conoscenza umana per sopperire alla mancata presenza in essa degli elementi di cui risultano fatte le cose, deve astrarre questi elementi e se ne deve servire come immagine. Ma nonostante questo, l'uomo non può conoscere il mondo della natura perché questo è opera di Dio; può conoscere, invece, con verità il mondo della matematica che è creato grazie alle astrazioni che l'essere umano opera sul reale.
Nella Scienza Nuova ad essere oggetto possibile di conoscenza è il mondo della storia, questa essendo creata dalle azioni umane può essere compresa con la mente umana. La storia secondo Vico deve avere in sé un ordine fondamentale e necessita di una scienza nuova che, forte dei principi prima esposti, si accinga ad analizzarla. Questa nuova scienza deve basarsi sia sulla filologia che sulla filosofia; la prima, in quanto coscienza del certo, deve completarsi con l'analisi portata avanti dalla seconda che viene definita coscienza del vero e solo procedendo assieme queste due branche della nuova scienza possono portare a inverare il certo e accertare il vero.
la scienza della storia appare a Vico come una teologia civile e ragionata della provvidenza divina, ovvero gli appare come un ordine voluto da Dio che si va attuando gradualmente nella società umana a misura di quanto l'uomo si sia riuscito ad alzare dalla sua caduta, dalla sua miseria primitiva. La storia si muove nel tempo ma tende ad un ordine ideale ed eterno. proprio questo ordine provvidenziale è ciò che Vico chiama storia ideale eterna tenendoci a precisare che sopra di essa corrono nel tempo le storie delle singole nazioni. La storia ideale eterna è la struttura che sorregge il corso temporale della storia delle singole nazioni e che perciò trasforma la semplice successione cronologica degli avvenimenti in un ordine ideale progressivo. La storia ideale eterna rappresenta il modello della storia reale e quindi il criterio e il canone per giudicarla; essa è il dover essere della storia nel tempo, senza che questo annulli la libertà e la problematicità della storia reale.
Vico distingue nella storia ideale la successione di tre età: quella degli dei, quella degli eroi e quella degli uomini. Inoltre, dato che la storia è opera dell'uomo le leggi del suo funzionamento e del suo sviluppo saranno le stesse che regolano il funzionamento della mente umana, ovvero i gradi ascendenti della chiarezza che sono senso, fantasia e ragione. Dunque ai tre periodi della storia ideale eterna corrisponderanno le sempre maggiori capacita razionali acquisite dall'uomo.
La libertà, in simile concezione, non è messa in forse perché la presenza di questo ordine provvidenziale non implica necessariamente che la storia reale delle singole nazioni segua per forza di cose il tracciato della storia ideale eterna.
Vico, inoltre, afferma che la storia reale è soggetta al ciclo dei corsi e ricorsi, ovvero è soggetta al ritorno della storia sui suoi passi.
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