martedì 24 aprile 2012

Riassunto Cartesio

Renè Descartes nacque il 31 marzo del 1596 a La Haye nella Touraine. Fu educato nel collegio dei gesuiti fino al 1612. Partecipò alla guerra dei trenta anni e viaggiò per tutta Europa e morì l'undici febbraio del 1650 a Stoccolma.
Le sue opere principali sono: Regole per dirigere l'ingegno, il Trattato della luce (diviso in Diottrica, Meteore e Geometria, ai quali premise una prefazione il Discorso del metodo pubblicata nel 1637), le Meditazioni sulla filosofia prima intorno all'esistenza di Dio e all'immortalità dell'anima, le Obiezioni, i Principi di filosofia e le Passioni dell'anima.
Per semplicità di studio possiamo dividere la speculazione cartesiana, che sarà sempre unitaria per tutta la sua durata, in tre sottoclassi che si interessano rispettivamente: del metodo e del dualismo, della fisica e della geometria e, in fine, dello studio della morale.

Metodo e dualismo cartesiano
Uscito dal collegio dei gesuiti, Cartesio si rese conto, tramite un esame introspettivo di cui fa una celebre analisi nel Discorso, di non essere in possesso né delle conoscenze atte a comprendere il mondo, ma soprattutto di non aver acquisito il giusto metodo per giungere alla conoscenza delle verità. Il metodo, secondo Cartesio, si configura come lo strumento atto a guidare l'uomo sia nella sua vita fisica che nella sua vita spirituale. Un metodo per offrire vantaggi all'uomo sia nell'analisi teoretica della realtà che nella sua vita pratica. La saggezza umana è soltanto una perché l'uomo è uno anche se svolge molteplici attività.
Nel presentare le regole del metodo Cartesio prende ad esempio la matematica che ha queste regole inscritte nella sua essenza e tramite un processo di astrazione e giustificazione giunge ad elaborare un metodo che, in teoria, avrebbe dovuto risultare universalmente applicabile all'uomo concedendogli una buona guida sia nei confronti dell'analisi dei problemi metafisici che nell'analisi della realtà fisica a cui tendevano le varie branche del sapere.
Dunque la guida che Cartesio fornisce all'intera umanità si basa su poche ma precise regole: 1) non accogliere nulla per vero se non hai evidenza che tale è, quindi escludi ogni elemento che possa generare dubbio ed accetta soltanto le cose che intuisci in maniera chiara e distinta (evidenza); 2) dividi i problemi in più parti possibili, in questo modo sarà più semplice e meno carico di errori lo giungere ad una soluzione (analisi); 3) inizia dalle conoscenze più semplici per risalire, poi, gradualmente verso quelle più complesse (sintesi); 4) fai in ogni caso enumerazioni così complete e revisioni così generali da essere sicuro di non omettere nulla (enumerazione e revisione).
Queste regole, però, necessitano di una giustificazione che possa trovare e affermare la loro applicabilità all'uomo; a tal fine Cartesio elabora il procedimento del dubbio, con ciò che ne segue: il cogito e la dimostrazione dell'esistenza di Dio.
Per trovare una giustificazione del metodo bisogna, come prima cosa, cancellare tutte le conoscenze acquisite e dubitare di ogni cosa, fino a giungere ad un ché su cui non è possibile dubitare. L'argomento del genio maligno trasforma il dubbio da metodico (finalizzato alla dimostrazione e alla giustificazione del metodo) in iperbolico (un dubbio che si estende ad ogni cosa e diventa universale); potrebbe esserci la possibilità che l'uomo sia stato creato da un genio maligno che lo inganna in continuazione facendogli apparire chiaro ed evidente ciò che è falso ed assurdo. Bisogna allora dubitare di tutto, ed è proprio a partire da questo dubbio assoluto che si ha la percezione di una prima certezza: anche per essere ingannato l'uomo deve esistere, io esisto e solo la mia esistenza mi permette sia di dubitare che di essere ingannato. Dunque il procedimento del dubbio prima porta l'uomo in un vuoto totale di certezza, ma in questo vuoto totale sboccia un ché di indubitabile, l'esistenza del soggetto uomo che è tale solo in virtù del suo dubbio. Dubito, penso, quindi esisto; questo è quanto vuole affermare la celebre affermazione cartesiana cogito ergo sum, il pensiero e l'essere sono intuizioni immediate che saltano fuori autonomamente tramite la messa in forse di tutto.
Ma il cogito mi rende sicuro soltanto della mia esistenza, non mi dice nulla sull'esistenza di ciò che è fuori di me, di ciò che è altro da me. Sono sicuro che io esisto, che ho idee e pensieri, ma questi non hanno per forza la certezza dio essere collegati a qualche cosa di esterno a me. Per giungere alla conoscenza del mondo e degli altri, Cartesio elabora la divisione delle idee in tre classi: quelle innate, che sono in me e corrispondono alla capacità di pensare e di avere idee, quelle avventizie, che vengono da fuori e corrispondono alle idee delle cose naturali e quelle fittizie, che formo da me stesso e a cui appartengono le idee delle cose chimeriche ed inventate. Ora, per sapere se a queste idee corrisponda una realtà esterna devo interrogarmi su quale potrebbe essere la loro causa. Per quanto concerne le idee della prima e della terza classe esse potrebbero tranquillamente essere state prodotte da me, infatti non contengono nulla che non sia nelle mie possibilità. Soltanto l'idea di Dio, perfetta ed assoluta, non rientra nelle mie capacità. Produrre un'idea perfetta è impossibile per un essere finito e imperfetto come l'uomo, che è imperfetto proprio perché dubita. Un idea perfetta ed infinita come quella di Dio deve essere prodotta da un ente infinito. A questa prova dell'esistenza di Dio, Cartesio ne aggiunge altre; se io fossi la causa di me stesso mi sarei creato infinito e perfetto così come concepisco Dio, m,a così non è per cui è Dio ad avermi creato; inoltre, non si può pensare a Dio come un essere perfetto senza unire alla sua essenza anche l'esistenza che è una caratteristica della percezione (questa è la così detta prova ontologica dell'esistenza di Dio).
Dio essendo perfetto non può ingannarmi per cui una volta passati dalla conoscenza dell'idea dell'io a quella di Dio siamo autorizzati a passare da Dio al mondo ed affermare che esistono anche le cose che noi vediamo esternamente a noi stessi. L'evidenza della realtà delle cose corporee ci giustifica ad affermare la loro esistenza.
Cartesio ammette accanto alla sostanza pensante (res cogitans) che costituisce l'io, l'esistenza di una sostanza estesa (res extensa) che costituisce le cose corporee che io percepisco esternamente a me. Le caratteristiche delle due sono contrastanti, la res cogitans è inestesa, consapevole e libera, mentre la res extensa è spaziale, inconsapevole e determinata. Per sopperire alla totale separazione di questi due universi Cartesio è costretto a individuare nella ghiandola pineale, l'odierna epifisi, il mezzo tramite cui comunicano queste due realtà. (Procedimento questo elaborato ad hoc per sopperire ad una mancanza di sistematicità che la speculazione di Cartesio ha sempre cercato e che non esimerà il nostro dal ricevere critiche dure).

Fisica e geometria
Cartesio fu un fermo sostenitore del meccanicismo, ovvero di quella teoria che considera la realtà fisica determinata da leggi invariabili e prive di libertà.
Secondo Cartesio possiamo assumere come oggettive soltanto le proprietà suscettibili di una trattazione geometrica, mentre le proprietà non geometriche che attribuiamo al mondo sono di natura soggettiva. La geometria è, quindi, l'unica scienza fisica.
Cartesio tende ad unificare la geometria e l'algebra, e riesce in questo proposito riorganizzando la simbologia algebrica. L'algebra riorganizzata in un linguaggio autonomo diviene così utilizzabile per riprodurre entro di se, in termini puramente formali, la geometria che a sua volta si presenta come strumento di chiarificazione intuitiva dell'algebra. Il numero e la forma diventano così traducibili l'uno nell'altra. Le assi cartesiane che oggi sono normale riferimento per la geometria analitica, consentono, infatti, di trasformare grandezze numeriche in grandezze geometriche e viceversa.
La fisica cartesiana ha per oggetto la res extensa, quindi il mondo nella sua estensione. La fisica pretende di spiegare tutta la varietà dei fenomeni esistenti nel mondo tramite l'estensione e il movimento. Entrambe sono originate da Dio, a Dio, infatti, si deve non solo la creazione della res extensa, ma anche l'attribuzione di una certa quantità di moto.
L'identificazione della materia con la res extensa comporta che lo spazio si dimostra infinito, così come infinita è la cosa estesa; inoltre lo spazio esteso è infinitamente divisibile e continuo, non ammette salti e il vuoto non è concepibile; inoltre, lo spazio si presenta infinitamente indifferenziato, le qualità che attribuiamo alla materia sono soltanto soggettive, essa è qualitativamente indifferenziata.
Due sole leggi dominano l'universo fisico di Cartesio e sono il principio di inerzia e il principio della conservazione della quantità di moto.
Un essere vivente, da questa prospettiva, risulta essere costituto come una macchina, un automa che funziona secondo i due principi precedentemente presentati. Lo stesso corpo dell'uomo è una macchina di cui la res cogitans si serve come di uno strumento.

Morale
La morale cartesiana fa appello alla stessa sistematicità che l'autore del Metodo voleva assicurare sia allo studio della metafisica che a quello che si interessava di chiarire le strutture di base del mondo fisico.
Le regole che portano alla morale provvisoria e mai più trattata dal nostro sono: 1) obbedire alle leggi e ai costumi del paese; 2) essere fermi nelle azioni e nelle intenzioni, seguendo anche le opinioni dubbiose dopo averle accettate ed assunte; 3) vincere se stessi più che la fortuna, cercando di cambiare se stessi più che il mondo.
Cartesio distingue nell'anima azione e affezione, le prime sono volontarie a differenza delle seconde che sono invece costituite da percezione, sentimenti o emozioni che sono causate nell'anima dagli spiriti vitali. La forza dell'anima consiste nel vincere le emozioni , e vincere le emozioni equivale ad essere saggi.

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