George Berkeley nasce a
Dysert in Irlanda il 12 marzo del 1685. si laurea a Dublino e nel
1728 parte verso le isole Bermude, spinto dal suo sogno di
civilizzare e evangelizzare le popolazioni indigene americane.
Fermatosi a Rhode-Island vi rimane per tre anni. Nel 1731 torna a
Londra dove venne nominato vescovo di Cloyne in Irlanda. Nel 1752 si
trasferisce ad Oxford dove il 20 febbraio dell'anno successivo muore.
Opere di Brekeley sono il
Saggio di una nuova teoria della visione,
il Trattato sui principi della conoscenza umana,
i Dialoghi tra Hylas e Philonous,
l'Alcifrone e la
Siris.
Secondo
Berkeley tutte le speculazioni filosofiche a lui precedenti sono
sempre incorse in errore perché hanno sempre considerato valida la
capacità dell'uomo di formulare idee astratte. Questo non è vero
l'idea di una cosa è sempre l'idea di una cosa particolare. Pensare
ad una cosa è sempre avere in mente una cosa specifica e
determinata.
I
soli oggetti della conoscenza umana sono le idee. Queste per esistere
hanno bisogno di essere percepite per questo Berkeley afferma che il
loro essere consiste nel loro essere percepite (esse est percipi) e
per questo non possono esistere al di fuori degli spiriti o delle
menti che le percepiscono. L'oggetto e la percezione sono la stessa
cosa e non possono essere astratti l'uno dall'altro. Inoltre,
l'oggetto della percezione è soltanto un'idea e questa non può
esistere senza essere percepita. L'unica sostanza reale è dunque lo
spirito che percepisce le idee.
Le
idee sono assolutamente inattive e non possono produrre nulle; attivo
è soltanto lo spirito che le percepisce. Attivo è quindi il nostro
spirito che percepisce le idee e le unisce o divide a suo piacimento.
Nello stesso tempo però, lo spirito non ha alcun potere sulle idee
che percepisce attualmente, ovvero sulle idee delle cose naturali;
queste sono percezioni più forti delle idee semplicemente immaginate
e per questo motivo devono essere prodotte in noi da uno spirito
superiore, che è Dio. Quelle che noi chiamiamo leggi della natura
sono soltanto le regole fisse tramite cui Dio produce in noi le idee
dei sensi. Noi apprendiamo queste regole dall'esperienza e così
siamo in grado di prepararci ai bisogni della vita.
Per
ricapitolare, le idee che noi chiamiamo cose naturali sono prodotte
in noi da Dio mentre quelle che noi chiamiamo idee sono nient'altro
che immagini delle prime. Le idee quando non sono percepite da noi
sono percepite da Dio; esse non sono create dal nostro spirito ma
sono esterne ad esso. Una volta bandita la materia, che nel sistema
di Berkeley non trova alcuno spazio in quanto la stessa idea di
materia esiste soltanto nell'essere percepita e non autonomamente,
non si può far altro che ricorrere a Dio per spiegare l'origine,
l'ordine e la bellezza delle nostre idee sensibili e la stessa
esistenza delle cose sensibili diventa la dimostrazione immediata
dell'esistenza di Dio. La natura e il suo studio acquistano subito
una valenza religiosa, giacché rendersi conto delle leggi naturali
equivale a interpretare il linguaggio attraverso il quale Dio ci
rivela i suoi attributi e ci conduce verso la felicità. La scienza
della natura in Berkeley si identifica con una sorta di grammatica
del linguaggio divini e la filosofia acquista la forma della vera
lente di ingrandimento per comprendere questo linguaggio.
Questa
concezione della natura dell'uomo e del mondo ha assunto il nome di
immaterialismo e come tale rende indubitabile anche l'immortalità
dell'anima. Abbiamo affermato che dal punto di vista di Berkeley le
idee sono passive mentre lo spirito è attivo, per cui l'unico ad
agire è lo spirito che si rivela essere la nostra vera molla di
interpretazione del linguaggio divino. Lo spirito e le idee sono così
diversi tra di loro che non si può affermare neanche che si ha
un'idea dello spirito. Conosciamo lo spirito con assoluta certezza ma
questa certezza non la si può chiamare idea bisogna, invece,
chiamarla nozione. Conosciamo gli spiriti diversi dal nostro soltanto
attraverso le idee che, producono in noi ma non possiamo averne
nozione; ci è, invece, possibile avere nozione soltanto in merito al
nostro spirito, una nozione che si dimostra permanente e semplice,
estranea ad ogni composizione per cui immortale.
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