David Hume nacque ad
Edimburgo il 26 aprile del 1711. Dopo gli studi di giurisprudenza e
un fallimentare tentativo di fare l'avvocato, si recò in Francia
dove rimase per tre anni. Tra il 1745 e il 1748 ebbe vari incarichi
politici tra cui quello di segretario del generale St. Clair che lo
condusse a Vienna e a Torino. Nel 1763, dopo aver ricoperto la carica
di bibliotecario ad Edimburgo, divenne segretario del conte di
Hartford e ambasciatore dell'Inghilterra a Parigi dove rimase fino al
1766. tornato in Inghilterra ospitò Jean Jacques Rousseau. Morì il
25 agosto del 1776 nella sua città natale.
Scrisse il Trattato
sulla natura umana, i Saggi
morali e politici, la Ricerca
sull'intelletto umano, la
Ricerca sui principi della morale,
la Storia naturale della religione
e i Dialoghi sulla religione naturale.
La speculazione di Hume tende a stabilire, come presupposto per qualsiasi altra scienza, l'esigenza di conoscere la natura umana. Soltanto partendo da questo punto, ovvero dalla capacità di individuare e analizzare i meccanismi che generano il funzionamento della mente umana, avremo solide basi sulle quali costruire l'edificio del sapere. Soltanto conoscendo i principi della natura umana possiamo muovere alla costruzione di un sapere stabile e duraturo, un sapere che ha solide fondamenta e che su queste eleva le varie scienze.
Divido l'analisi della filosofia di Hume in due sottosezioni, una dedicata a questioni più specificamente metafisiche e epistemologiche, potremmo anche dire più critiche, l'altra è invece centrata sull'analisi pratica e morale dell'agire umano.
La speculazione di Hume tende a stabilire, come presupposto per qualsiasi altra scienza, l'esigenza di conoscere la natura umana. Soltanto partendo da questo punto, ovvero dalla capacità di individuare e analizzare i meccanismi che generano il funzionamento della mente umana, avremo solide basi sulle quali costruire l'edificio del sapere. Soltanto conoscendo i principi della natura umana possiamo muovere alla costruzione di un sapere stabile e duraturo, un sapere che ha solide fondamenta e che su queste eleva le varie scienze.
Divido l'analisi della filosofia di Hume in due sottosezioni, una dedicata a questioni più specificamente metafisiche e epistemologiche, potremmo anche dire più critiche, l'altra è invece centrata sull'analisi pratica e morale dell'agire umano.
Il
criticismo
Hume
divide le percezioni della mente in due classi: le impressioni,
ovvero quelle percezioni che penetrano con maggiore forza ed evidenza
nella coscienza e le idee o pensieri che sono le immagini
illanguidite delle impressioni. Le idee derivano sempre da
un'impressione avvenuta precedentemente, non esistono idee o pensieri
senza impressione corrispondente. L'uomo ha la capacità di comporre
le idee tra di loro ma non giungerà mai al di là delle impressioni
che corrispondono a queste; la realtà dell'uomo in ultima analisi si
identifica sempre con la somma delle sue impressioni. Secondo Hume,
inoltre, la vera realtà è costituita esclusivamente dalle
impressioni sensibili, dalle idee e dalle loro copie, per cui è solo
il principio di associazione che ce fa considerare la realtà così
come la vediamo e crediamo. Soltanto il principio di associazione,
ovvero il principio che ci consente di stabilire relazioni tra idee è
il responsabile della nostra particolare visione della realtà. Esso
opera secondo tre criteri: la somiglianza, la contiguità nel tempo e
nello spazio e la causalità. Le idee complesse non sono altro che
associazioni di idee fatte, però, senza alcuna impressione
precedente; esse sono soltanto delle nostre maniere di sentire.
Spazio e tempo, per fare un esempio, non esistono realmente di per
se, è solo il nostro spirito che dispone le impressioni e le idee in
questo modo. Non esiste un'impressione del tempo o dello spazio, è
solo il nostro modo di procedere che ci impone di considerare questa
prospettiva. Della stessa categoria sono le idee di causa e di
effetto, di sostanza materiale o spirituale.
Hume
distingue tra proposizioni che concernono rapporto tra sole idee e
proposizioni che concernono dati di fatto, le prime sono semplici ed
esclusive operazioni del pensiero e così possono essere analizzate e
conosciute, le seconde, invece, non essendo fondate come le prime sul
principio di non contraddizione hanno sempre bisogno dell'esperienza
per essere dimostrate.
Tutti
i ragionamenti che riguardano realtà o fatti si si fondano sulla
relazione causa effetto, questa non può mai essere conosciuta a
priori, ovvero con il puro ragionamento, per essere dimostrata ha
bisogno dell'esperienza rimanendo arbitraria e priva di necessità. È
soltanto l'uomo a credere necessario il rapporto di causa effetto,
anche dopo che l'esperienza ci ha dimostrato una relazione, questa
non può illuminarci sul futuro, è soltanto l'uomo ad essere spinto
dalla sua natura a vedere le cose in questo modo. È un principio
della natura umana considerare relazioni causali tra cose come
relazioni certe ed eterne, mentre sono soltanto soggettive e legate
all'abitudine. L'abitudine ci dà la sicurezza che il corso della
natura si mantiene regolare e costante in modo da permetterci di
regolarci per il futuro; ma essa spiega soltanto la connessione
soggettiva che l'uomo stabilisce tra i fatti, non spiega la
connessione necessaria tra questi, spiega perché noi crediamo alla
connessione casuale tra i fatti ma non ci illumina sulla necessità
di simile connessione.
Credere
nella realtà dei fatti è istintivo non è un atto di ragionamento;
la credenza nella realtà così come la percepiamo è dovuta alla
forza maggiore che hanno le impressioni rispetto alle idee. Le
immense moli di impressioni che colpiscono l'uomo fanno in modo che
egli non considera i salti e le discontinuità che le separano ma le
intende in modo unitario e concreto trasformando, così, le immagini
dei sensi in oggetti esterni. La mente, invece, concepisce soltanto
le immagini e le percezioni dell'oggetto e questo tramite i sensi che
sono come una porta tramite la quale le immagini giungono a noi. La
sola realtà di cui siamo veramente certi è costituita dalle
percezioni. La realtà esterna è quindi ingiustificabile e
indimostrabile, ma l'istinto dell'uomo a credere in essa è
ineliminabile.
Lo
stesso ragionamento fatto per la realtà del mondo e per la nostra
tendenza a credere in essa e in questo modo, si applica, secondo
Hume, anche alla realtà dell'io. Dell'io noi non abbiamo esperienza
o impressione; quello che consideriamo io è soltanto un grande
fascio di impressioni diverse e discontinue che siamo in quanto
uomini siamo naturalmente protesi a definire io.
Morale,
religione e politica
Alla
base della morale e dello specifico sentimento che la costituisce
c'è, secondo Hume, la percezione dell'utilità sociale di certi
comportamenti; approvazione e riprovazione vero determinati tipi di
comportamenti si fondano, infatti, sul riconoscimento implicito o
esplicito della loro utilità collettiva.
L'utilità
politica è anche il fondamento delle virtù politiche, come la
giustizia e l'obbedienza senza le quali le società umane non
potrebbero esistere. Il benessere e la felicità individuali sono
congiunti indissolubilmente con il benessere e la felicità
collettivi.
Hume
distingue i doveri in due classi: i doveri verso i quali l'uomo è
spinto da un istinto naturale e i doveri che derivano da un senso di
obbligo connesso alla società umana
Per
quanto riguarda la religione, Hume afferma che l'esistenza di Dio è
sempre materia di fatto o di esperienza, per cui non può mai essere
dimostrata e provata con argomentazioni puramente logiche. Si può
fare tuttavia la storia naturale della religione, ovvero si possono
rintracciare le sue radici nella natura umana. Fa parte dell'uomo
sperare e temere e proprio in base a queste caratteristiche dell'uomo
che sorge la certezza nell'esistenza di cause segrete e sconosciute
da cui si genera la religione. Una volta concepita la divinità essa
assume i tratti di perfezione e infinitezza e viene adorata dall'uomo
che in questo modo crede di tenersela buona. All'origine della
religione c'è sempre il politeismo, è soltanto la riflessione
filosofica che presenta le varie visioni monoteistiche della divinità
senza però poterne mai dare ragione. Nei secondi tipi di doveri
rientrano la giustizia e il rispetto delle proprietà altrui, la
fedeltà e l'obbedienza politica e civile. La sola ragione della
politica e dell'obbedienza è che senza di esse la società non
potrebbe esistere.
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