giovedì 26 aprile 2012

Riassunto Hume


David Hume nacque ad Edimburgo il 26 aprile del 1711. Dopo gli studi di giurisprudenza e un fallimentare tentativo di fare l'avvocato, si recò in Francia dove rimase per tre anni. Tra il 1745 e il 1748 ebbe vari incarichi politici tra cui quello di segretario del generale St. Clair che lo condusse a Vienna e a Torino. Nel 1763, dopo aver ricoperto la carica di bibliotecario ad Edimburgo, divenne segretario del conte di Hartford e ambasciatore dell'Inghilterra a Parigi dove rimase fino al 1766. tornato in Inghilterra ospitò Jean Jacques Rousseau. Morì il 25 agosto del 1776 nella sua città natale.
Scrisse il Trattato sulla natura umana, i Saggi morali e politici, la Ricerca sull'intelletto umano, la Ricerca sui principi della morale, la Storia naturale della religione e i Dialoghi sulla religione naturale.
La speculazione di Hume tende a stabilire, come presupposto per qualsiasi altra scienza, l'esigenza di conoscere la natura umana. Soltanto partendo da questo punto, ovvero dalla capacità di individuare e analizzare i meccanismi che generano il funzionamento della mente umana, avremo solide basi sulle quali costruire l'edificio del sapere. Soltanto conoscendo i principi della natura umana possiamo muovere alla costruzione di un sapere stabile e duraturo, un sapere che ha solide fondamenta e che su queste eleva le varie scienze.
Divido l'analisi della filosofia di Hume in due sottosezioni, una dedicata a questioni più specificamente metafisiche e epistemologiche, potremmo anche dire più critiche, l'altra è invece centrata sull'analisi pratica e morale dell'agire umano.

Il criticismo
Hume divide le percezioni della mente in due classi: le impressioni, ovvero quelle percezioni che penetrano con maggiore forza ed evidenza nella coscienza e le idee o pensieri che sono le immagini illanguidite delle impressioni. Le idee derivano sempre da un'impressione avvenuta precedentemente, non esistono idee o pensieri senza impressione corrispondente. L'uomo ha la capacità di comporre le idee tra di loro ma non giungerà mai al di là delle impressioni che corrispondono a queste; la realtà dell'uomo in ultima analisi si identifica sempre con la somma delle sue impressioni. Secondo Hume, inoltre, la vera realtà è costituita esclusivamente dalle impressioni sensibili, dalle idee e dalle loro copie, per cui è solo il principio di associazione che ce fa considerare la realtà così come la vediamo e crediamo. Soltanto il principio di associazione, ovvero il principio che ci consente di stabilire relazioni tra idee è il responsabile della nostra particolare visione della realtà. Esso opera secondo tre criteri: la somiglianza, la contiguità nel tempo e nello spazio e la causalità. Le idee complesse non sono altro che associazioni di idee fatte, però, senza alcuna impressione precedente; esse sono soltanto delle nostre maniere di sentire. Spazio e tempo, per fare un esempio, non esistono realmente di per se, è solo il nostro spirito che dispone le impressioni e le idee in questo modo. Non esiste un'impressione del tempo o dello spazio, è solo il nostro modo di procedere che ci impone di considerare questa prospettiva. Della stessa categoria sono le idee di causa e di effetto, di sostanza materiale o spirituale.
Hume distingue tra proposizioni che concernono rapporto tra sole idee e proposizioni che concernono dati di fatto, le prime sono semplici ed esclusive operazioni del pensiero e così possono essere analizzate e conosciute, le seconde, invece, non essendo fondate come le prime sul principio di non contraddizione hanno sempre bisogno dell'esperienza per essere dimostrate.
Tutti i ragionamenti che riguardano realtà o fatti si si fondano sulla relazione causa effetto, questa non può mai essere conosciuta a priori, ovvero con il puro ragionamento, per essere dimostrata ha bisogno dell'esperienza rimanendo arbitraria e priva di necessità. È soltanto l'uomo a credere necessario il rapporto di causa effetto, anche dopo che l'esperienza ci ha dimostrato una relazione, questa non può illuminarci sul futuro, è soltanto l'uomo ad essere spinto dalla sua natura a vedere le cose in questo modo. È un principio della natura umana considerare relazioni causali tra cose come relazioni certe ed eterne, mentre sono soltanto soggettive e legate all'abitudine. L'abitudine ci dà la sicurezza che il corso della natura si mantiene regolare e costante in modo da permetterci di regolarci per il futuro; ma essa spiega soltanto la connessione soggettiva che l'uomo stabilisce tra i fatti, non spiega la connessione necessaria tra questi, spiega perché noi crediamo alla connessione casuale tra i fatti ma non ci illumina sulla necessità di simile connessione.
Credere nella realtà dei fatti è istintivo non è un atto di ragionamento; la credenza nella realtà così come la percepiamo è dovuta alla forza maggiore che hanno le impressioni rispetto alle idee. Le immense moli di impressioni che colpiscono l'uomo fanno in modo che egli non considera i salti e le discontinuità che le separano ma le intende in modo unitario e concreto trasformando, così, le immagini dei sensi in oggetti esterni. La mente, invece, concepisce soltanto le immagini e le percezioni dell'oggetto e questo tramite i sensi che sono come una porta tramite la quale le immagini giungono a noi. La sola realtà di cui siamo veramente certi è costituita dalle percezioni. La realtà esterna è quindi ingiustificabile e indimostrabile, ma l'istinto dell'uomo a credere in essa è ineliminabile.
Lo stesso ragionamento fatto per la realtà del mondo e per la nostra tendenza a credere in essa e in questo modo, si applica, secondo Hume, anche alla realtà dell'io. Dell'io noi non abbiamo esperienza o impressione; quello che consideriamo io è soltanto un grande fascio di impressioni diverse e discontinue che siamo in quanto uomini siamo naturalmente protesi a definire io.

Morale, religione e politica
Alla base della morale e dello specifico sentimento che la costituisce c'è, secondo Hume, la percezione dell'utilità sociale di certi comportamenti; approvazione e riprovazione vero determinati tipi di comportamenti si fondano, infatti, sul riconoscimento implicito o esplicito della loro utilità collettiva.
L'utilità politica è anche il fondamento delle virtù politiche, come la giustizia e l'obbedienza senza le quali le società umane non potrebbero esistere. Il benessere e la felicità individuali sono congiunti indissolubilmente con il benessere e la felicità collettivi.
Hume distingue i doveri in due classi: i doveri verso i quali l'uomo è spinto da un istinto naturale e i doveri che derivano da un senso di obbligo connesso alla società umana
Per quanto riguarda la religione, Hume afferma che l'esistenza di Dio è sempre materia di fatto o di esperienza, per cui non può mai essere dimostrata e provata con argomentazioni puramente logiche. Si può fare tuttavia la storia naturale della religione, ovvero si possono rintracciare le sue radici nella natura umana. Fa parte dell'uomo sperare e temere e proprio in base a queste caratteristiche dell'uomo che sorge la certezza nell'esistenza di cause segrete e sconosciute da cui si genera la religione. Una volta concepita la divinità essa assume i tratti di perfezione e infinitezza e viene adorata dall'uomo che in questo modo crede di tenersela buona. All'origine della religione c'è sempre il politeismo, è soltanto la riflessione filosofica che presenta le varie visioni monoteistiche della divinità senza però poterne mai dare ragione. Nei secondi tipi di doveri rientrano la giustizia e il rispetto delle proprietà altrui, la fedeltà e l'obbedienza politica e civile. La sola ragione della politica e dell'obbedienza è che senza di esse la società non potrebbe esistere.

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