martedì 24 aprile 2012

Riassunto Hobbes


Thomas Hobbes nasce a Westport, in Inghilterra, il 5 aprile del 1588. Viaggiò molto e dimorò a lungo a Parigi, dove conobbe Gassendi e fu amico di Galilei. Morì a Londra il 1679 a ben 91 anni.
La sua opera più rinomata risale al 1651 ed è Il leviatano, ossia la materia, il potere e la forma di uno stato ecclesiastico e civile. A questa si affianca la trilogia composta da: Il cittadino, Il corpo e L'uomo.
Per semplicità di presentazione individuo due punti centrali dell'indagine di Hobbes, ovvero il materialismo meccanicistico, sia fisico che etico e la politica. Preliminare, però, rispetto alla trattazione del materialismo è l'affermazione che soltanto l'uomo, a differenza degli altri animali, possiede la capacità di progettare e prevedere a lunga scadenza la sua condotta e questo, secondo Hobbes, lo può fare soltanto perché possiede il linguaggio. Il linguaggio, composto da segni arbitrari e convenzionali che l'uomo attribuisce alle cose, gli consente con queste le parole di significare le cose che pensa. Soltanto questa generalizzazione che si ottiene con le parole consente all'uomo di abbracciare con un solo sguardo un numero indefinito di casi simili; il linguaggio, dunque, rende possibile il ragionamento che consiste nell'addizione o nella sottrazione di concetti alle immagini che recepiamo con i sensi. Dal punto di vista del nostro soltanto l'autentica conoscenza è soltanto quella dimostrativa, cioè quella che va dalla causa all'effetto e che può ottenersi soltanto di quegli oggetti che sono creati dall'uomo. Le cose naturali, invece, sono prodotte da Dio e nei loro confronti l'uomo può operare soltanto con una conoscenza che va dall'effetto alla causa, senza quindi la necessaria dimostrazione di un procedimento generativo che è la vera natura della loro esistenza. Nei confronti delle cose naturali l'uomo, potendo risalire dagli effetti alle loro cause supposte, può giungere soltanto ad una conoscenza possibile ma non necessaria, può espletare soltanto conclusioni probabili ma non necessariamente vere.

Materialismo meccanicistico
La ragione e la scienza possono essere rivolte soltanto verso gli oggetti di cui si può conoscere, o a-priori o a-posteriori, la loro causa, quindi possono indagare soltanto oggetti generabili. Saranno allora oggetto di scienza soltanto i corpi perché sono gli unici enti di cui possiamo conoscere la causa della loro genesi, inoltre soltanto per i corpi, estesi e materiali, possiamo individuare nascita ed evoluzione per cui saranno i soli oggetti possibili per l'indagine della nostra ragione.
Parlare di un ché di incorporeo è, per l'uomo, un esprimersi senza significato; lo stesso spirito umano non può definirsi incorporeo, sarebbe allora inconoscibile. Le sensazioni che svegliano quello che definiamo spirito sono soltanto l'immagine prodotta dagli oggetti corporei nei nostri organi di senso. Sia l'immagine che la sensazione sono dei movimenti, in primis come qualità sensibili che sono negli oggetti, in secondo luogo sono movimenti anche le sensazioni che tali immagini producono nell'uomo. Movimento è anche l'immaginazione che conserva l'immagine dei movimenti, una sorta di inerzia dei movimenti. Dunque, per Hobbes, la stessa anima umana e pensante non è altro che corpo (da ciò la radicale critica al discorso cartesiano, questo passa dall'indubitabilità dell'affermazione “io sono una cosa che pensa” all'affermazione “io sono una sostanza pensante”; per Hobbes, invece, è lo stesso corpo dell'uomo ad essere autore del pensiero, la cosa che pensa è il corpo dell'uomo e non un suo presunto io sostanziale).
Il corpo è l'unica realtà, l'unica sostanza che esiste realmente in se stessa; a ciò si aggiunge il movimento che è, oltre al corpo e alla materia, l'unico principio per spiegare tutti i fenomeni naturali.
A questo punto Hobbes introduce la separazione tra una filosofia naturale che avrà come oggetto i corpi naturali e una filosofia civile che avrà per oggetto i corpi artificiali, cioè quei corpi prodotti dall'uomo che sono le società umane.
Quindi esiste una filosofia prima che ha come compito quello di stabilire tutti gli attributi fondamentali dei corpi come lo spazio, il tempo, i concetti di causa effetto, atto, potenza, identità e diversità. A questa si affiancherà una filosofia civile che deve invece indagare gli spetti etici e politici della vita umana, in quanto sia l'etica che la politica sono creazioni artificiali prodotte dall'uomo.
Anche nell'indagine etica Hobbes procede con un metodo materialistico. Questo considera le valutazioni morali come assolutamente soggettive e quindi figlie della creazione umana. In generale si chiama bene ciò che si desidera, mentre è male ciò che si odia e si evita. La volontà non può giungere ad uno stato definitivo di tranquillità, può soltanto concludere temporaneamente i dubbi quando fa una scelta ma questi immediatamente rinascono negli istanti successivi. Da una simile posizione è impossibile presentare l'esistenza di un sommo bene e un di un fine ultimo per le nostre scelte morali. Nella vita umana così intesa non c'è alcun posto per la libertà; la stessa volontà è causata necessariamente da altre cose. Le azioni umane sono necessarie perché hanno cause necessarie. La volontà è intrinsecamente necessitata dalle cause e dai motivi che le sono inerenti, motivi che non dipendono dall'uomo e che quindi hanno la loro causa nella natura; tutti gli atti dello spirito umano sono movimenti connessi con il movimento degli oggetti esterni all'uomo e sono quindi in qualche modo necessariamente legati a questi oggetti.

Politica
La necessità della scienza politica è un riflesso della necessità che regola la volontà dell'uomo. Espletando i punti salienti che regolano la necessaria azione umana, avremo le carte in regola per costruire una scienza politica in maniera geometrica, ovvero in modo fondata su capisaldi sicuri e scientificamente dimostrati.
L'uomo è per natura sia tendente a voler godere da solo di tutti i beni comuni, che sempre fuggente dalla morte violenta come il peggiore dei mali esistenti. Da questo punto di vista si nota subito come per Hobbes l'uomo tende alla costruzione della società non perché spinto da un sentimento naturale di amore verso gli altri ma soltanto come riflesso del timore reciproco tra gli uomini.
Secondo Hobbes, lo stato di natura è una guerra incessante di tutti contro tutti perché si basa sul diritto di tutti su tutto e sulla volontà intrinseca nell'uomo di far del male ai suoi simili; in questo stato non esiste giusto e sbagliato, concetti che nascono soltanto con la creazione di un potere comune e con la successiva elaborazione di una legge che lo guidi. Lo stato di guerra totale impedisce all'uomo qualsiasi attività per cui lo relega alla figura di animale solitario ed inibito dal timore. In questo contesto subentra la ragione umana che è capacità di prevedere e di provvedere mediante calcolo ai bisogni e alle esigenze dell'uomo. La legge naturale è suggerita all'uomo dalla ragione che, tendendo alla sopravvivenza e alla soddisfazione dei bisogni dell'uomo, gli suggerisce le norme che regolano il vivere civile. La prima norma è cercare di mantenere la pace sempre e se non si può usare tutti i vantaggi della guerra; al fine di attuare questa norma l'uomo deve rinunciare al suo diritto su tutto e accontentarsi di avere pari libertà quanto quella che egli riconosce agli altri. Soltanto abbandonando la pretesa al diritto su tutto si esce dallo stato di nature e si stringono patti tramite cui questo diritto è trasferito a persone determinate. Dopo il trasferimento del diritto su tutti nelle mani dello Stato, questi sarà abilitato a servirsi delle singole persone come dei loro averei per raggiungere la pace e la comune difesa. Il rappresentante dello Stato è, quindi, il sovrano ed ha potere sovrano. Come anima della comunità lo Stato racchiude in se stesso anche il potere religioso, per cui Chiesa e Stato coincidono.

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