Thomas Hobbes nasce a
Westport, in Inghilterra, il 5 aprile del 1588. Viaggiò molto e
dimorò a lungo a Parigi, dove conobbe Gassendi e fu amico di
Galilei. Morì a Londra il 1679 a ben 91 anni.
La sua opera più
rinomata risale al 1651 ed è Il leviatano, ossia la materia, il
potere e la forma di uno stato ecclesiastico e civile.
A questa si affianca la trilogia composta da: Il cittadino,
Il corpo e L'uomo.
Per
semplicità di presentazione individuo due punti centrali
dell'indagine di Hobbes, ovvero il materialismo meccanicistico, sia
fisico che etico e la politica. Preliminare, però, rispetto alla
trattazione del materialismo è l'affermazione che soltanto l'uomo, a
differenza degli altri animali, possiede la capacità di progettare e
prevedere a lunga scadenza la sua condotta e questo, secondo Hobbes,
lo può fare soltanto perché possiede il linguaggio. Il linguaggio,
composto da segni arbitrari e convenzionali che l'uomo attribuisce
alle cose, gli consente con queste le parole di significare le cose
che pensa. Soltanto questa generalizzazione che si ottiene con le
parole consente all'uomo di abbracciare con un solo sguardo un numero
indefinito di casi simili; il linguaggio, dunque, rende possibile il
ragionamento che consiste nell'addizione o nella sottrazione di
concetti alle immagini che recepiamo con i sensi. Dal punto di vista
del nostro soltanto l'autentica conoscenza è soltanto quella
dimostrativa, cioè quella che va dalla causa all'effetto e che può
ottenersi soltanto di quegli oggetti che sono creati dall'uomo. Le
cose naturali, invece, sono prodotte da Dio e nei loro confronti
l'uomo può operare soltanto con una conoscenza che va dall'effetto
alla causa, senza quindi la necessaria dimostrazione di un
procedimento generativo che è la vera natura della loro esistenza.
Nei confronti delle cose naturali l'uomo, potendo risalire dagli
effetti alle loro cause supposte, può giungere soltanto ad una
conoscenza possibile ma non necessaria, può espletare soltanto
conclusioni probabili ma non necessariamente vere.
Materialismo
meccanicistico
La
ragione e la scienza possono essere rivolte soltanto verso gli
oggetti di cui si può conoscere, o a-priori o a-posteriori, la loro
causa, quindi possono indagare soltanto oggetti generabili. Saranno
allora oggetto di scienza soltanto i corpi perché sono gli unici
enti di cui possiamo conoscere la causa della loro genesi, inoltre
soltanto per i corpi, estesi e materiali, possiamo individuare
nascita ed evoluzione per cui saranno i soli oggetti possibili per
l'indagine della nostra ragione.
Parlare
di un ché di incorporeo è, per l'uomo, un esprimersi senza
significato; lo stesso spirito umano non può definirsi incorporeo,
sarebbe allora inconoscibile. Le sensazioni che svegliano quello che
definiamo spirito sono soltanto l'immagine prodotta dagli oggetti
corporei nei nostri organi di senso. Sia l'immagine che la sensazione
sono dei movimenti, in primis come qualità sensibili che sono negli
oggetti, in secondo luogo sono movimenti anche le sensazioni che tali
immagini producono nell'uomo. Movimento è anche l'immaginazione che
conserva l'immagine dei movimenti, una sorta di inerzia dei
movimenti. Dunque, per Hobbes, la stessa anima umana e pensante non è
altro che corpo (da ciò la radicale critica al discorso cartesiano,
questo passa dall'indubitabilità dell'affermazione “io sono una
cosa che pensa” all'affermazione “io sono una sostanza pensante”;
per Hobbes, invece, è lo stesso corpo dell'uomo ad essere autore del
pensiero, la cosa che pensa è il corpo dell'uomo e non un suo
presunto io sostanziale).
Il
corpo è l'unica realtà, l'unica sostanza che esiste realmente in se
stessa; a ciò si aggiunge il movimento che è, oltre al corpo e alla
materia, l'unico principio per spiegare tutti i fenomeni naturali.
A
questo punto Hobbes introduce la separazione tra una filosofia
naturale che avrà come oggetto i corpi naturali e una filosofia
civile che avrà per oggetto i corpi artificiali, cioè quei corpi
prodotti dall'uomo che sono le società umane.
Quindi
esiste una filosofia prima che ha come compito quello di stabilire
tutti gli attributi fondamentali dei corpi come lo spazio, il tempo,
i concetti di causa effetto, atto, potenza, identità e diversità. A
questa si affiancherà una filosofia civile che deve invece indagare
gli spetti etici e politici della vita umana, in quanto sia l'etica
che la politica sono creazioni artificiali prodotte dall'uomo.
Anche
nell'indagine etica Hobbes procede con un metodo materialistico.
Questo considera le valutazioni morali come assolutamente soggettive
e quindi figlie della creazione umana. In generale si chiama bene ciò
che si desidera, mentre è male ciò che si odia e si evita. La
volontà non può giungere ad uno stato definitivo di tranquillità,
può soltanto concludere temporaneamente i dubbi quando fa una scelta
ma questi immediatamente rinascono negli istanti successivi. Da una
simile posizione è impossibile presentare l'esistenza di un sommo
bene e un di un fine ultimo per le nostre scelte morali. Nella vita
umana così intesa non c'è alcun posto per la libertà; la stessa
volontà è causata necessariamente da altre cose. Le azioni umane
sono necessarie perché hanno cause necessarie. La volontà è
intrinsecamente necessitata dalle cause e dai motivi che le sono
inerenti, motivi che non dipendono dall'uomo e che quindi hanno la
loro causa nella natura; tutti gli atti dello spirito umano sono
movimenti connessi con il movimento degli oggetti esterni all'uomo e
sono quindi in qualche modo necessariamente legati a questi oggetti.
Politica
La
necessità della scienza politica è un riflesso della necessità che
regola la volontà dell'uomo. Espletando i punti salienti che
regolano la necessaria azione umana, avremo le carte in regola per
costruire una scienza politica in maniera geometrica, ovvero in modo
fondata su capisaldi sicuri e scientificamente dimostrati.
L'uomo
è per natura sia tendente a voler godere da solo di tutti i beni
comuni, che sempre fuggente dalla morte violenta come il peggiore dei
mali esistenti. Da questo punto di vista si nota subito come per
Hobbes l'uomo tende alla costruzione della società non perché
spinto da un sentimento naturale di amore verso gli altri ma soltanto
come riflesso del timore reciproco tra gli uomini.
Secondo
Hobbes, lo stato di natura è una guerra incessante di tutti contro
tutti perché si basa sul diritto di tutti su tutto e sulla volontà
intrinseca nell'uomo di far del male ai suoi simili; in questo stato
non esiste giusto e sbagliato, concetti che nascono soltanto con la
creazione di un potere comune e con la successiva elaborazione di una
legge che lo guidi. Lo stato di guerra totale impedisce all'uomo
qualsiasi attività per cui lo relega alla figura di animale
solitario ed inibito dal timore. In questo contesto subentra la
ragione umana che è capacità di prevedere e di provvedere mediante
calcolo ai bisogni e alle esigenze dell'uomo. La legge naturale è
suggerita all'uomo dalla ragione che, tendendo alla sopravvivenza e
alla soddisfazione dei bisogni dell'uomo, gli suggerisce le norme che
regolano il vivere civile. La prima norma è cercare di mantenere la
pace sempre e se non si può usare tutti i vantaggi della guerra; al
fine di attuare questa norma l'uomo deve rinunciare al suo diritto su
tutto e accontentarsi di avere pari libertà quanto quella che egli
riconosce agli altri. Soltanto abbandonando la pretesa al diritto su
tutto si esce dallo stato di nature e si stringono patti tramite cui
questo diritto è trasferito a persone determinate. Dopo il
trasferimento del diritto su tutti nelle mani dello Stato, questi
sarà abilitato a servirsi delle singole persone come dei loro averei
per raggiungere la pace e la comune difesa. Il rappresentante dello
Stato è, quindi, il sovrano ed ha potere sovrano. Come anima della
comunità lo Stato racchiude in se stesso anche il potere religioso,
per cui Chiesa e Stato coincidono.
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