martedì 24 aprile 2012

Riassunto Aristotele


Aristotele nasce a Stagira, nella Grecia settentrionale, nel 348a.C. Suo padre, Nicomaco, era medico personale del re di macedonia Aminta II, nonno di Alessandro Magno. A 17 anni andò ad Atene e qui entrò nella scuola di Platone. Alla morte del maestro, insieme ad altri scolaroi accademici andò ad Asso, in Asia Minore, dove Ermia, tiranno di Atarneo, li accolse offrendo loro uno spazio per studiare. Nel 343 fu chiamato da Filippo II di Macedonia affinché diventasse precettore del figlio Alessandro. Nel 335 fondò ad Atene una nuova scuola, questa sorgeva nel giardino di Apollo Licio e da questo prese il nome di Liceo, inoltre, poiché le lezioni si svolgevano passeggiando per il peripatos gli allievi furono chiamati peripatetici. La morte di Alessandro nel 323, vide nelle popolazioni greche crescere sempre di più un sentimento antimacedone, questo costrinse Aristotele a lasciare Atene per rifugiarsi a Calcide. A Calcide morì soltanto un anno dopo, nel 324.
le opere di Aristotele dopo la sua morte furono ereditate da Teofrasto , il successore dello Stagirita alla guida del Liceo, e passarono poi ad un suo allievo Neleo di Scepsi. Quando Atene fu conquistata da Silla, le opere furono bottino di guerra e così giunsero a Roma. Passarono prima nelle mani di Tirannione di Amisio e poi, in fine, nelle mani di Andronico da Rodi che ne curò l'edizione. Altre opere erano, inoltre, state regalate da Neleo alla biblioteca di Alessandria, ma sono andate per lo più perdute dopo l'incendio che nel 47 la distrusse.
La diffusione delle opere curate da Andronico è contemporanea alla scomparsa degli altri testi ma è anche connessa alla stessa divisione fatta da Aristotele rispetto alle sue opere.
Aristotele, infatti, distinse le opere destinate alla diffusione e alla pubblicazione, che vengono definite “essoteriche” cioè esterne, dalle opere destinate all'insegnamento dei suoi discepoli e quindi strettamente inerenti a temi disciplinari, queste vengono definite “esoteriche”. Degli scritti essoterici non ci rimangono che pochi frammenti (scrisse un Convito, un Politico, un Sofista, un Menesseno, un Grillo o Della Retorica, il Protrettico, l'Eudemo o Dell'Anima, tutti databili ad un periodo precedente la fondazione della scuola e quindi strettamente connessi con i concetti platonici), mentre per le opere esoteriche possiamo rifarci alla trattazione che ci ha consegnato Andronico di Rodi.
Le opere acroamatiche, o esoteriche, destinate quindi all'insegnamento, si possono schematizzare nel modo seguente:
  1. Scritti di Logica, noti con il nome di Organon in quanto questa disciplina era considerata da Aristotele come lo strumento indispensabile e necessario a qualsiasi ricerca. Sono: un libro per le Categorie, un libro sull'Interpretazione, due libri per gli Analitici primi, due libri per gli Analitici secondi, i Topici in otto libri, e uno per gli Elenchi Sofisti.
  2. Scritti di Metafisica, 14 libri composti in epoche diverse.
  3. Scritti di scienze, Etica e Politica: Lezioni di Fisica, Sula cielo, Sulla generazione e la corruzione, Sulle meteore, Storia degli animali, Sulle parti degli animali, Sul movimento degli animali, Sulle linee indivisibili, Meccanismi, Sull'Anima, Parvia naturalia, Etica Eudemia (edita da Eudemo da Rodi e più antica dell'Etica Nicomachea, edita dal figlio Nicomaco), Politica, la Costituzione degli ateniesi, l'Economia, la Retorica e la Poetica.
La filosofia di Aristotele si pone da un punto di vista differente rispetto a quello del maestro Platone. L'analisi della realtà è condotta a partire dalla consapevolezza che l'essere, oggetto della sua metafisica, non ha una forma ma una molteplicità di aspetti e significati. L'essere a cui si riferisce Aristotele, non è un'entità ideale, la sua esistenza è la somma dei vari aspetti che compongono la realtà. La filosofia ha per oggetto l'essere e la realtà in generale, si interroga sull'essere in quanto tale. Tutte le scienze si interrogano su un particolare modo di darsi della realtà, quindi studiano l'essere da un punto di vista specifico; per questo tutte le scienze presuppongono la filosofia, che studia l'essere in generale, in se stesso. La filosofia è la scienza prima, è guida per le altre branche del sapere dell'essere perché fornisce ad esse principi comuni, i principi dell'essere. A partire da questo presupposto può essere costruito un elenco del sapere che abbraccia tutto e che ha contraddistinto il modo di pensare occidentale per molto tempo.

Metafisica e logica
La metafisica era chiamata da Aristotele “filosofia prima”, soltanto per opera di Andronico di Rodi fu detta così perché durante la sistemazione dei testi dello Stagirita pose quelli che si occupavano di metafisica in ordine successivo a quelli di fisica, da questo meta ta fusika, ovvero dopo la fisica.
Aristotele da ben quattro definizioni di ciò che significa metafisica, ovvero, essa è la scienza che studia le cause e i principi primi, l'essere in quanto essere, la sostanza e Dio. Ha quindi per oggetto non una realtà particolare, bensì l'aspetto comune di tutta la realtà.
L'essere non ha un'unica forma ma ha più modi di darsi, molti aspetti e significati. A tal fine Aristotele ha cercato di raccogliere in una tavola, setta tavola delle categorie, i modi di darsi dell'essere più basilari e supremi: l'essere come accidente, l'essere come categorie, l'essere come vero e l'essere come atto e potenza.
Le categorie sono quelle determinazioni essenziali all'essere che esso per forza di cose ha e non può non avere: la sostanza, la qualità, la quantità, la relazione, l'agire, il subire, il dove e il quando (se dal punto di vista ontologico le categorie sono i modi fondamentali in cui la realtà si presenta, parallelamente, dal punto di vista logico, esse sono i vari modi con cui l'essere si predica delle cose).
Di tutte le categorie la più importante è la sostanza, questo perché tutte le altre la presuppongono; l'essere ha una molteplicità di significati tutti in qualche modo uniti da un riferimento alla sostanza. La sostanza è il “qualche cosa” di cui si può affermare le categorie, è la “qualche cosa” di cui si predica. La sostanza, in Aristotele, diviene l'equivalente ontologico del principio logico di non contraddizione, per cui ogni essere ha (non può avere e contemporaneamente non avere) un natura determinata che non si può negare e che è necessaria, questa natura determinata è il significato fondamentale dell'essere, è la sostanza.
La sostanza è l'individuo concreto che funge da soggetto di proprietà e predicati; il “tode ti”, il questo qui. Ogni una di queste sostanze forma un sinolo, ossia l'unità indissolubile di materia e forma. La forma è la struttura che rende la cosa quella che è; mentre per materia, si intende il soggetto di cui una cosa è fatta. La forma è l'elemento attivo che plasma la materia. Aristotele attribuisce anche alla forma il nome di sostanza; la sostanza, infatti, non è soltanto il sinolo ma anche la natura della cosa, la sua forma.
Nella sua speculazione Aristotele introduce quattro cause che possono spiegare il perché delle cose: la causa materiale, formale, efficiente e finale. Fa questo per poter affermare anche la possibilità del divenire che il nostro presenta come il passaggio da un certo tipo di essere ad un altro certo tipo di essere. L'unica realtà è l'essere, il divenire è soltanto un modo particolare dell'essere. A tal fine elabora le nozioni di atto e potenza, parallele alle nozioni di materia e forma. La potenza è la capacità di una determinata materia di assumere una precisa forma, l'atto è, invece, la realizzazione di tale passaggio.
Forma e materia, atto e potenza sono la spiegazione del divenire, questa per essere completa presupporre anche due altri tipi di cause: la causa efficiente e la causa finale.
Spesso ciò che è forma, punto di arrivo di un movimento, diviene anche punto di partenza di un movimento successivo, diviene materia, in un circolo continuo che può avere soltanto nella materia pura e nella potenza pura il suo inizio e la sua fine. Così si spiega l'interesse di Aristotele, nella sua metafisica, ai problemi teologici. Essendo la materia prima assolutamente indeterminata, funge soltanto da nozione teorica, da concetto-limite, su cui basare il divenire, ma che di per sé non si può né conoscere ma neanche dimostrare. Dall'altro lato, invece, il concetto di forma pura e atto puro suppongono la possibilità di un universo in cui questa perfezione è completamente realizzata, da qui la teologia che si interessa proprio di questa sostanza immobile o forma pura.
Se c'è moto e necessario che nell'universo ci sia chi ha dato origine a questo moto, un principio primo ed immobile; questo è Dio. Egli ha vari attribuiti, oltre ad essere il motore immobile, esso è atto puro, pura forma e sostanza incorporea, è causa finale (la materia è uno sforzo continuo alla forma, essendo Dio la forma pura l'universo non è creato da Dio ma è esso stesso naturalmente proteso verso Dio; è uno sforzo incessante di autodeterminarsi e autoformarsi che corrisponde allo sforzo di avvicinarsi a Dio). Questa sostanza non è unica, ce ne sono altre affini per ogni cielo a cui ci si riferisce; Aristotele ammette l'esistenza di una cifra compresa tra le 47 e le 55 intelligenze motrici, corrispondenti alle altrettante sfere celesti.
Parallelamente alla metafisica, anche la logica ha per oggetto la struttura dell'essere, bensì l'essere della logica è la forma del pensiero, mentre l'essere della metafisica è la forma della realtà. Secondo il nostro, gli oggetti del nostro discorso, così come accade per gli oggetti delle varie scienze, possono essere disposti in una scale di maggiore o minore universalità e classificati mediante un rapporto di genere e specie. Ogni concetto di un determinato settore è specie di un concetto più universale e genere di un concetto meno universale. Comprensione, l'insieme della qualità di un concetto e l'estensione, il numero degli esseri cui si riferisce quel concetto, sono tra di loro inversamente proporzionali. Il concetto che ha la massima comprensione parallela alla minima estensione è definito da Aristotele “sostanza prima”, che è distinta dalla sostanza seconda. La sostanza prima è ciò che non può mai essere usato come predicato di un soggetto ma soltanto come soggetto di un predicato. Dal punto di vista opposto, ovvero dal lato della massima estensione e della minima comprensione, si giunge ad avere al vertice i generi sommi, ovvero le dieci categorie.
La logica di Aristotele prende in esame le congiunzione di termini che si chiamano enunciati apofantici o dichiarativi. Questi si identificano con le proposizioni, ovvero l'espressione verbale di giudizi (quegli atti tramite i quali uniamo o separiamo determinati concetti nell'analisi della struttura di base composta da rapporto soggetto-predicato). Dei termini o concetti presi isolatamente non si può dire né che sono veri né che sono falsi, perché vera o falsa è soltanto qualche sintesi o combinazione di essi. Da ciò i presupposti su cui Aristotele costruisce il suo sistema di logica, ovvero che la verità è nel pensiero o nel discorso, non nell'essere o nella cosa; e che la misura della verità è l'essere o la cosa, non il pensiero o il discorso. Esiste ragionamento nel momento in cui tra diversi giudizi o proposizioni si istituiscono rapporti per i quali alcune proposizioni sono cause di altre. (Riguardo al sillogismo aristotelico rimando ad uno specifico post: ).

Fisica
La fisica ha per oggetto le sostanze in movimento percepibili con i sensi. A differenza della metafisica che studia l'essere in quanto tale, la fisica si interroga sull'essere in movimento.
Secondo lo Stagirita esistono quattro tipi fondamentali di movimento: il movimento sostanziale, generazione e corruzione, il movimento qualitativo, mutamento o alterazione, il movimento quantitativo, l'aumento o la diminuzione e il movimento locale. L'ultimo, il movimento locale o movimento propriamente detto, è il movimento a cui tutti gli altri tipi si richiamano, per cui soltanto il movimento locale, cioè il cambiamento di luogo, è il movimento che consente di distinguere e classificare le varie sostanze fisiche. Il movimento locale è: movimento circolare intorno al centro del mondo, movimento dal centro del mondo verso l'alto e movimento dall'alto verso il centro del mondo. Il movimento circolare non ha contrari per cui la concezione che ciò che si muovono in questo modo sono ingenerabili, immutabili e incorruttibili. I restanti due movimenti dal basso all'alto e viceversa, sono, invece, i moti che contraddistinguono i quattro elementi che contraddistinguono le cose terrestri o sublunari, acqua, aria terra e fuoco. Ognuno di questi elementi ha un suo luogo naturale nell'universo e per questo risulta naturalmente in movimento proteso verso quel luogo.
L'universo fisico si presenta, sulla base di ragionamenti aprioristici, perfetto, unico, finito ed eterno. La sfera delle stelle fisse segna i limiti dell'universo, oltre questi non è possibile la presenza dello spazio che non può mai essere vuoto. Lo spazio, infatti, è pensabile soltanto in riferimento ai corpi, il luogo è sempre luogo di “qualche cosa”. Il tempo è definibile soltanto in riferimento al divenire e rappresenta la misura del divenire delle cose secondo il prima e il poi, ed è una caratteristica propria soltanto delle menti misuranti, non esiste di per sé.
Nel sistema aristotelico, l'anima è oggetto della fisica in quanto è definita come forma incorporata della materia; essa è una sostanza che da forma e vita ad un determinato corpo, è l'atto primo di un corpo la sua entelechia. Il corpo in quanto strumento ha come funzione quella di vivere e di pensare, a tal fine si inserisce l'atto di questa funzione che è l'anima.
Aristotele distingue tre funzioni dell'anima: quella vegetativa, potenza nutritiva e riproduttiva, quella sensitiva, che comprende sensibilità e movimento e quella intellettiva, che è propria soltanto dell'uomo e che consiste nel lavorare sui dati forniti dalla sensibilità per evidenziare l'universale, la forma o sostanza intellegibile delle cose, ossia costruire i concetti universali su cui si basa tutta la nostra conoscenza.

Etica e politica
Tutto è fatto in vista di un fine che appare buono e desiderabile; ma esiste un fine sommo, il bene in sé e la felicità. Il compito dell'uomo è la vita secondo ragione, dunque, l'uomo sarà felice soltanto se vivrà secondo ragione, questa vita è la vera e propria virtù. L'uomo non sceglie il fine, che è in lui per natura; la vita secondo virtù è la scelta dei mezzi che si fa per raggiungere il fine supremo, la felicità.
Aristotele distingue tra la virtù come esercizio della ragione, che è detta intellettiva o razionale (dianoetica) e virtù come esercizio della ragione che domina sugli impulsi sensibili determinando così i buoni costumi, questa è detta virtù morale (etica).
La virtù morale consiste nello scegliere il giusto mezzo in vista di un fine; è una virtù che si perfeziona con l'esercizio e da vita alle singole virtù etiche: il coraggio, la magnanimità, la mansuetudine. La principale tra le virtù etiche è la giustizia.
Le virtù dianoetiche sono quelle proprie dell'anima razionale, e comprendono: la scienza, l'arte, la saggezza, la sapienza e l'intelligenza. La sapienza è il grado più alto di queste virtù perché il sapiente è colui che nello stesso tempo ha scienza e intelligenza; la felicità più alta consisterà nella virtù più alta che è quella teoretica culminante nella sapienza (il sapiente basta a se stesso e non ha bisogno di nulla).
La costituzione politica è necessaria alla vita secondo virtù, per questo Aristotele distingue tre tipi di governo della città: l'aristocrazia, la monarchia e la democrazia (a questi tre tipi corrispondono tre degenerazioni della politica, l'oligarchia, la tirannide e la demagogia).

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