Aristotele nasce a
Stagira, nella Grecia settentrionale, nel 348a.C. Suo
padre, Nicomaco, era medico personale del re di macedonia Aminta II,
nonno di Alessandro Magno. A 17 anni andò ad Atene e qui entrò
nella scuola di Platone. Alla morte del maestro, insieme ad altri
scolaroi accademici andò ad Asso, in Asia Minore, dove Ermia,
tiranno di Atarneo, li accolse offrendo loro uno spazio per studiare.
Nel 343 fu chiamato da Filippo II di Macedonia affinché diventasse
precettore del figlio Alessandro. Nel 335 fondò ad Atene una nuova
scuola, questa sorgeva nel giardino di Apollo Licio e da questo prese
il nome di Liceo, inoltre, poiché le lezioni si svolgevano
passeggiando per il peripatos gli allievi furono chiamati
peripatetici. La morte di Alessandro nel 323, vide nelle popolazioni
greche crescere sempre di più un sentimento antimacedone, questo
costrinse Aristotele a lasciare Atene per rifugiarsi a Calcide. A
Calcide morì soltanto un anno dopo, nel 324.
le opere di Aristotele
dopo la sua morte furono ereditate da Teofrasto , il successore dello
Stagirita alla guida del Liceo, e passarono poi ad un suo allievo
Neleo di Scepsi. Quando Atene fu conquistata da Silla, le opere
furono bottino di guerra e così giunsero a Roma. Passarono prima
nelle mani di Tirannione di Amisio e poi, in fine, nelle mani di
Andronico da Rodi che ne curò l'edizione. Altre opere erano,
inoltre, state regalate da Neleo alla biblioteca di Alessandria, ma
sono andate per lo più perdute dopo l'incendio che nel 47 la
distrusse.
La diffusione delle opere
curate da Andronico è contemporanea alla scomparsa degli altri testi
ma è anche connessa alla stessa divisione fatta da Aristotele
rispetto alle sue opere.
Aristotele, infatti,
distinse le opere destinate alla diffusione e alla pubblicazione, che
vengono definite “essoteriche” cioè esterne, dalle opere
destinate all'insegnamento dei suoi discepoli e quindi strettamente
inerenti a temi disciplinari, queste vengono definite “esoteriche”.
Degli scritti essoterici non ci rimangono che pochi frammenti
(scrisse un Convito, un
Politico, un Sofista,
un Menesseno, un
Grillo o Della
Retorica, il Protrettico,
l'Eudemo o Dell'Anima,
tutti databili ad un periodo precedente la fondazione della scuola e
quindi strettamente connessi con i concetti platonici), mentre
per le opere esoteriche possiamo rifarci alla trattazione che ci ha
consegnato Andronico di Rodi.
Le opere acroamatiche, o
esoteriche, destinate quindi all'insegnamento, si possono
schematizzare nel modo seguente:
- Scritti di Logica, noti con il nome di Organon in quanto questa disciplina era considerata da Aristotele come lo strumento indispensabile e necessario a qualsiasi ricerca. Sono: un libro per le Categorie, un libro sull'Interpretazione, due libri per gli Analitici primi, due libri per gli Analitici secondi, i Topici in otto libri, e uno per gli Elenchi Sofisti.
- Scritti di Metafisica, 14 libri composti in epoche diverse.
- Scritti di scienze, Etica e Politica: Lezioni di Fisica, Sula cielo, Sulla generazione e la corruzione, Sulle meteore, Storia degli animali, Sulle parti degli animali, Sul movimento degli animali, Sulle linee indivisibili, Meccanismi, Sull'Anima, Parvia naturalia, Etica Eudemia (edita da Eudemo da Rodi e più antica dell'Etica Nicomachea, edita dal figlio Nicomaco), Politica, la Costituzione degli ateniesi, l'Economia, la Retorica e la Poetica.
La
filosofia di Aristotele si pone da un punto di vista differente
rispetto a quello del maestro Platone. L'analisi della realtà è
condotta a partire dalla consapevolezza che l'essere, oggetto della
sua metafisica, non ha una forma ma una molteplicità di aspetti e
significati. L'essere a cui si riferisce Aristotele, non è un'entità
ideale, la sua esistenza è la somma dei vari aspetti che compongono
la realtà. La filosofia ha per oggetto l'essere e la realtà in
generale, si interroga sull'essere in quanto tale. Tutte le scienze
si interrogano su un particolare modo di darsi della realtà, quindi
studiano l'essere da un punto di vista specifico; per questo tutte le
scienze presuppongono la filosofia, che studia l'essere in generale,
in se stesso. La filosofia è la scienza prima, è guida per le altre
branche del sapere dell'essere perché fornisce ad esse principi
comuni, i principi dell'essere. A partire da questo presupposto può
essere costruito un elenco del sapere che abbraccia tutto e che ha
contraddistinto il modo di pensare occidentale per molto tempo.
Metafisica
e logica
La
metafisica era chiamata da Aristotele “filosofia prima”, soltanto
per opera di Andronico di Rodi fu detta così perché durante la
sistemazione dei testi dello Stagirita pose quelli che si occupavano
di metafisica in ordine successivo a quelli di fisica, da questo meta
ta fusika, ovvero dopo la fisica.
Aristotele
da ben quattro definizioni di ciò che significa metafisica, ovvero,
essa è la scienza che studia le cause e i principi primi, l'essere
in quanto essere, la sostanza e Dio. Ha quindi per oggetto non una
realtà particolare, bensì l'aspetto comune di tutta la realtà.
L'essere
non ha un'unica forma ma ha più modi di darsi, molti aspetti e
significati. A tal fine Aristotele ha cercato di raccogliere in una
tavola, setta tavola delle categorie, i modi di darsi dell'essere più
basilari e supremi: l'essere come accidente, l'essere come categorie,
l'essere come vero e l'essere come atto e potenza.
Le
categorie sono quelle determinazioni essenziali all'essere che esso
per forza di cose ha e non può non avere: la sostanza, la qualità,
la quantità, la relazione, l'agire, il subire, il dove e il quando
(se dal punto di vista ontologico le categorie sono i modi
fondamentali in cui la realtà si presenta, parallelamente, dal punto
di vista logico, esse sono i vari modi con cui l'essere si predica
delle cose).
Di
tutte le categorie la più importante è la sostanza, questo perché
tutte le altre la presuppongono; l'essere ha una molteplicità di
significati tutti in qualche modo uniti da un riferimento alla
sostanza. La sostanza è il “qualche cosa” di cui si può
affermare le categorie, è la “qualche cosa” di cui si predica.
La sostanza, in Aristotele, diviene l'equivalente ontologico del
principio logico di non contraddizione, per cui ogni essere ha (non
può avere e contemporaneamente non avere) un natura determinata che
non si può negare e che è necessaria, questa natura determinata è
il significato fondamentale dell'essere, è la sostanza.
La
sostanza è l'individuo concreto che funge da soggetto di proprietà
e predicati; il “tode ti”, il questo qui. Ogni una di queste
sostanze forma un sinolo, ossia l'unità indissolubile di materia e
forma. La forma è la struttura che rende la cosa quella che è;
mentre per materia, si intende il soggetto di cui una cosa è fatta.
La forma è l'elemento attivo che plasma la materia. Aristotele
attribuisce anche alla forma il nome di sostanza; la sostanza,
infatti, non è soltanto il sinolo ma anche la natura della cosa, la
sua forma.
Nella
sua speculazione Aristotele introduce quattro cause che possono
spiegare il perché delle cose: la causa materiale, formale,
efficiente e finale. Fa questo per poter affermare anche la
possibilità del divenire che il nostro presenta come il passaggio da
un certo tipo di essere ad un altro certo tipo di essere. L'unica
realtà è l'essere, il divenire è soltanto un modo particolare
dell'essere. A tal fine elabora le nozioni di atto e potenza,
parallele alle nozioni di materia e forma. La potenza è la capacità
di una determinata materia di assumere una precisa forma, l'atto è,
invece, la realizzazione di tale passaggio.
Forma
e materia, atto e potenza sono la spiegazione del divenire, questa
per essere completa presupporre anche due altri tipi di cause: la
causa efficiente e la causa finale.
Spesso
ciò che è forma, punto di arrivo di un movimento, diviene anche
punto di partenza di un movimento successivo, diviene materia, in un
circolo continuo che può avere soltanto nella materia pura e nella
potenza pura il suo inizio e la sua fine. Così si spiega l'interesse
di Aristotele, nella sua metafisica, ai problemi teologici. Essendo
la materia prima assolutamente indeterminata, funge soltanto da
nozione teorica, da concetto-limite, su cui basare il divenire, ma
che di per sé non si può né conoscere ma neanche dimostrare.
Dall'altro lato, invece, il concetto di forma pura e atto puro
suppongono la possibilità di un universo in cui questa perfezione è
completamente realizzata, da qui la teologia che si interessa proprio
di questa sostanza immobile o forma pura.
Se
c'è moto e necessario che nell'universo ci sia chi ha dato origine a
questo moto, un principio primo ed immobile; questo è Dio. Egli ha
vari attribuiti, oltre ad essere il motore immobile, esso è atto
puro, pura forma e sostanza incorporea, è causa finale (la materia è
uno sforzo continuo alla forma, essendo Dio la forma pura l'universo
non è creato da Dio ma è esso stesso naturalmente proteso verso
Dio; è uno sforzo incessante di autodeterminarsi e autoformarsi che
corrisponde allo sforzo di avvicinarsi a Dio). Questa sostanza non è
unica, ce ne sono altre affini per ogni cielo a cui ci si riferisce;
Aristotele ammette l'esistenza di una cifra compresa tra le 47 e le
55 intelligenze motrici, corrispondenti alle altrettante sfere
celesti.
Parallelamente
alla metafisica, anche la logica ha per oggetto la struttura
dell'essere, bensì l'essere della logica è la forma del pensiero,
mentre l'essere della metafisica è la forma della realtà. Secondo
il nostro, gli oggetti del nostro discorso, così come accade per gli
oggetti delle varie scienze, possono essere disposti in una scale di
maggiore o minore universalità e classificati mediante un rapporto
di genere e specie. Ogni concetto di un determinato settore è specie
di un concetto più universale e genere di un concetto meno
universale. Comprensione, l'insieme della qualità di un concetto e
l'estensione, il numero degli esseri cui si riferisce quel concetto,
sono tra di loro inversamente proporzionali. Il concetto che ha la
massima comprensione parallela alla minima estensione è definito da
Aristotele “sostanza prima”, che è distinta dalla sostanza
seconda. La sostanza prima è ciò che non può mai essere usato come
predicato di un soggetto ma soltanto come soggetto di un predicato.
Dal punto di vista opposto, ovvero dal lato della massima estensione
e della minima comprensione, si giunge ad avere al vertice i generi
sommi, ovvero le dieci categorie.
La
logica di Aristotele prende in esame le congiunzione di termini che
si chiamano enunciati apofantici o dichiarativi. Questi si
identificano con le proposizioni, ovvero l'espressione verbale di
giudizi (quegli atti tramite i quali uniamo o separiamo determinati
concetti nell'analisi della struttura di base composta da rapporto
soggetto-predicato). Dei termini o concetti presi isolatamente non si
può dire né che sono veri né che sono falsi, perché vera o falsa
è soltanto qualche sintesi o combinazione di essi. Da ciò i
presupposti su cui Aristotele costruisce il suo sistema di logica,
ovvero che la verità è nel pensiero o nel discorso, non nell'essere
o nella cosa; e che la misura della verità è l'essere o la cosa,
non il pensiero o il discorso. Esiste ragionamento nel momento in cui
tra diversi giudizi o proposizioni si istituiscono rapporti per i
quali alcune proposizioni sono cause di altre. (Riguardo al
sillogismo aristotelico rimando ad uno specifico post: ).
Fisica
La
fisica ha per oggetto le sostanze in movimento percepibili con i
sensi. A differenza della metafisica che studia l'essere in quanto
tale, la fisica si interroga sull'essere in movimento.
Secondo
lo Stagirita esistono quattro tipi fondamentali di movimento: il
movimento sostanziale, generazione e corruzione, il movimento
qualitativo, mutamento o alterazione, il movimento quantitativo,
l'aumento o la diminuzione e il movimento locale. L'ultimo, il
movimento locale o movimento propriamente detto, è il movimento a
cui tutti gli altri tipi si richiamano, per cui soltanto il movimento
locale, cioè il cambiamento di luogo, è il movimento che consente
di distinguere e classificare le varie sostanze fisiche. Il movimento
locale è: movimento circolare intorno al centro del mondo, movimento
dal centro del mondo verso l'alto e movimento dall'alto verso il
centro del mondo. Il movimento circolare non ha contrari per cui la
concezione che ciò che si muovono in questo modo sono ingenerabili,
immutabili e incorruttibili. I restanti due movimenti dal basso
all'alto e viceversa, sono, invece, i moti che contraddistinguono i
quattro elementi che contraddistinguono le cose terrestri o
sublunari, acqua, aria terra e fuoco. Ognuno di questi elementi ha un
suo luogo naturale nell'universo e per questo risulta naturalmente in
movimento proteso verso quel luogo.
L'universo
fisico si presenta, sulla base di ragionamenti aprioristici,
perfetto, unico, finito ed eterno. La sfera delle stelle fisse segna
i limiti dell'universo, oltre questi non è possibile la presenza
dello spazio che non può mai essere vuoto. Lo spazio, infatti, è
pensabile soltanto in riferimento ai corpi, il luogo è sempre luogo
di “qualche cosa”. Il tempo è definibile soltanto in riferimento
al divenire e rappresenta la misura del divenire delle cose secondo
il prima e il poi, ed è una caratteristica propria soltanto delle
menti misuranti, non esiste di per sé.
Nel
sistema aristotelico, l'anima è oggetto della fisica in quanto è
definita come forma incorporata della materia; essa è una sostanza
che da forma e vita ad un determinato corpo, è l'atto primo di un
corpo la sua entelechia. Il corpo in quanto strumento ha come
funzione quella di vivere e di pensare, a tal fine si inserisce
l'atto di questa funzione che è l'anima.
Aristotele
distingue tre funzioni dell'anima: quella vegetativa, potenza
nutritiva e riproduttiva, quella sensitiva, che comprende sensibilità
e movimento e quella intellettiva, che è propria soltanto dell'uomo
e che consiste nel lavorare sui dati forniti dalla sensibilità per
evidenziare l'universale, la forma o sostanza intellegibile delle
cose, ossia costruire i concetti universali su cui si basa tutta la
nostra conoscenza.
Etica
e politica
Tutto
è fatto in vista di un fine che appare buono e desiderabile; ma
esiste un fine sommo, il bene in sé e la felicità. Il compito
dell'uomo è la vita secondo ragione, dunque, l'uomo sarà felice
soltanto se vivrà secondo ragione, questa vita è la vera e propria
virtù. L'uomo non sceglie il fine, che è in lui per natura; la vita
secondo virtù è la scelta dei mezzi che si fa per raggiungere il
fine supremo, la felicità.
Aristotele
distingue tra la virtù come esercizio della ragione, che è detta
intellettiva o razionale (dianoetica) e virtù come esercizio della
ragione che domina sugli impulsi sensibili determinando così i buoni
costumi, questa è detta virtù morale (etica).
La
virtù morale consiste nello scegliere il giusto mezzo in vista di un
fine; è una virtù che si perfeziona con l'esercizio e da vita alle
singole virtù etiche: il coraggio, la magnanimità, la mansuetudine.
La principale tra le virtù etiche è la giustizia.
Le
virtù dianoetiche sono quelle proprie dell'anima razionale, e
comprendono: la scienza, l'arte, la saggezza, la sapienza e
l'intelligenza. La sapienza è il grado più alto di queste virtù
perché il sapiente è colui che nello stesso tempo ha scienza e
intelligenza; la felicità più alta consisterà nella virtù più
alta che è quella teoretica culminante nella sapienza (il sapiente
basta a se stesso e non ha bisogno di nulla).
La
costituzione politica è necessaria alla vita secondo virtù, per
questo Aristotele distingue tre tipi di governo della città:
l'aristocrazia, la monarchia e la democrazia (a questi tre tipi
corrispondono tre degenerazioni della politica, l'oligarchia, la
tirannide e la demagogia).
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