martedì 24 aprile 2012

Riassunto Pascal


Blaise Pascal nasce a Clermont il 19 giugno del1623. Nel 1654, a 31 anni, entrò a far parte dei solitari di Port-Royal, una comunità religiosa priva di regole determinate, i cui membri, dediti alla meditazione, allo studio e all'insegnamento, si rifacevano alla dottrina di Giansenio. Giansenio pensava che il peccato originale aveva tolto all'uomo ogni possibile strada per giungere alla salvezza, soltanto il diretto intervento divino poteva selezionare pochi uomini da eleggere alla grazia; questa dottrina entra subito in contrasto con la concezione più rilassata dei gesuiti che intendeva la grazia come un ché sempre alla portata dell'uomo, bastava la volontà e una vita buona per salvare l'uomo dal peccato originario. Le due posizioni entrano in contrasto e nel 1653 il papa Innocenzo X condannava dieci tesi gianseniste. Il 23 gennaio 1656 Pascal pubblica la prima di diciassette lettere in difesa dello giansenismo Lettera scritta a d un provinciale da uno dei suoi amici intorno alle dispute attuali della Sorbona. Con il proposito di elaborare un Apologia del cristianesimo, si spense il 19 agosto del 1662, la sua opera incompiuta fu raccolta dai suoi amici e pubblicata nel 1669 con il titolo di Pensieri.

Vita e senso della vita
Tutta la speculazione di Pascal parte dalla necessità di dare risposte concrete agli interrogativi esistenziali che si pone ogni uomo. Chi è l'uomo, che ruolo ha nella storia, nella vita, e che cosa è il mondo e chi lo ha creato, sono i classici interrogativi a cui non si riesce a dare risposta e che in Pascal fungono da base portante e da molla di stimolo per spingerlo all'elaborazione del suo sistema. L'enigma dell'uomo, in questo caso però, non ha alcuna possibile soluzione al di fuori della fede e quindi la speculazione filosofica di Pascal sembra essere indirizzata più ad un'indagine teologica che scientifica.
L'uomo comune non capisce la pesantezza dei problemi esistenziali perché nei loro confronti si comporta come se fosse stordito dall'oblio di sé e dalla molteplicità delle occupazioni quotidiane e delle relazioni sociali, la mentalità che Pascal definisce divertissement. Lo stordimento di sé non crea però felicità perché non da nulla di certo su cui fondare la risposta ai problemi esistenziali, anzi, vela la domanda e venendo dall'esterno dell'uomo genera in lui il turbamento di molteplici accidenti. L'unica strada che può, in questo contesto salvare l'uomo di fronte a se stesso, è non chiudere gli occhi di fronte alla sua miseria costitutiva, accettare lucidamente la sua condizione e tutto quello che comporta. 
Da ciò nasce la differenza sostanziale che egli istituisce tra lo spirito di geometria, e lo spirito di finezza, ovvero la separazione tra ragione e cuore. Nel campo dei problemi esistenziali la ragione mostra la sua incapacità di dare risposta. Già per quanto riguarda la scienza, la ragione ha dimostrato di non poter controllare l'esperienza né i primi principi che sono alla base della scienza. Per quanto riguarda la situazione esistenziale dell'uomo, la ragione è ancora più in difficoltà, non sa spiegare infatti quelle che Pascal chiama ragioni del cuore. Lo spirito di geometria ha per oggetto le cose esteriori e procede dimostrativamente; in contrapposizione a questa Pascal presenta lo spirito di finezza, che ha per oggetto l'uomo e si fonda sul cuore, sul sentimento e sull'istinto. Le cose di finezza non si possono dimostrare poiché non se ne posseggono i principi come invece accade per la geometria. Lo spirito di geometria ragiona intellettivamente, quello di finezza comprende intuitivamente, le cose gli si mostrano in un sol colpo, senza passare attraverso il ragionamento discorsivo. Questo è quanto vuole sottolineare la celebre frase di Pascal: «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce».
Ma un certo grado di finezza e quindi di comprensione immediata deve essere alla base anche dello spirito di geometria, i suoi primi principi, infatti, vengono colti proprio attraverso lo spirito di finezza.
Un altro errore della ragione filosofica è quello che si verifica anche nel settore dei principi pratici-morali e politici; infatti, gli uomini, spinti dalla sola ragione, non sono riusciti ad elaborare un'etica immutabile ed universale. Quelli che oggi consideriamo principi universali del comportamento sono nient'altro che frutto di convenzioni o di abitudini, di storia, di forza o di interesse. L'abitudine è come una seconda natura che non fa altro che distruggere la prima. La ragione con le sole sue forze non riesce a fondare solide norme comportamentali e senza l'aiuto della fede l'uomo è destinato a vagare nell'incerto e ad approdare nello scetticismo.

L'uomo e la meta-filosofia
Per Pascal l'uomo occupa nell'ordine delle cose una posizione mediana tra l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, tra il tutto e il nulla, tra l'ignoranza assoluta e la scienza assoluta. Per questo egli si rappresenta come un desiderio frustrato, un dissidio con sé medisimo che costituisce la sua miseria esistenziale. L'altro faccia della medaglia però presenta in questa posizione mediana che colloca l'uomo tra l'angelo e la bestia, un barlume di grandezza che lo spinge alla ricerca della verità assoluta e che rappresenta la vocazione verso un ordine superiore. È questo ciò che intende Pascal quando afferma che tale situazione mediana fa dell'uomo un mostro incomprensibile, un paradosso di fronte a se stesso, un depositario di verità e una cloaca di incertezza e di errore.
L'unica vera filosofia possibile per l'uomo è una sorta di meta-filosofia consapevole dei limiti della filosofia; questa è al servizio della fede e risulta come la cerniera di chiusura che unisce speculazione scientifica e ricerca della salvezza nella fede. Per Pascal l'uomo è un problema la cui unica soluzione si trova soltanto in Dio.
Tra tutte le religioni l'unica vera è quella cristiana poiché è l'unica che fornisce una risposta al problema dell'uomo e si accorda con la nostra reale condizione. La caduta dell'uomo dopo il peccato originale è l'unica spiegazione per presentare la condizione di un essere che ha perduto la verità, il bene e la felicità e avverte la loro mancanza. L'uomo della religione cristiana è un uomo che nato nell'infinito cerca, ormai e dopo la caduta, nel finito la soddisfazione del proprio desiderio di felicità.

Dio
Per questo motivo Pascal vede nella fede l'unica strada per comprendere non solo l'uomo ma anche il mondo.
La scommessa sull'esistenza di Dio è sempre vantaggiosa per l'uomo. In caso di perdita egli perde soltanto beni finiti, ma se dio dovesse esistere l'uomo che ha scommesso su di lui guadagnerebbe beni infiniti. Rischiare il finito per guadagnare l'infinito ha evidentemente per Pascal la convenienza massima.
Inoltre non si può credere a comando ma bisogna lavorare a gradualmente nella verità della fede, diminuendo le passioni che la ostacolano. L'uomo non può impegnarsi nella fede con la sola ragione ma deve impegnare tutto sé stesso. Trovato Dio, anche la morale diviene qualcosa di saldo poiché i suoi precetti vengono derivati dall'amore di Dio e fondati su di esso.
Fra ragione e fede non vi è soltanto passaggio, ma anche rottura e salto poiché la logica della fede è per sua intrinseca natura metarazionale. La fede è extra-razionale, il suo organo autentico è il cuore.
Inoltre, come sottolineato nelle prime righe di questo post, la fede in Pascal è un esplicito dono di Dio, un dono che non rientra nelle possibilità di scelta dell'uomo ma che può solo essere percepito quando Dio ha scelto quel singolo e determinato uomo.

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