mercoledì 10 ottobre 2012

I Sofisti e Socrate.


Con il termine Sofisti si è in genere propensi a designare quegli intellettuali che nella Grecia classica (V sec. a.C.) facevano professione di sapienza per poi insegnarla dietro compenso.
Il loro merito più grande è quello di aver spostato l'asse dell'attenzione filosofica, dalla natura all'uomo, compiendo così una vera e propria rivoluzione culturale.
la posizione geografica e il periodo storico in cui possiamo inquadrare i sofisti, è l'Atene del V secolo, città che dopo aver combattuto la guerra contro i persiani, gioca un ruolo dominante nel panorama politico, economico e culturale tipico delle Poleis greche.
Ed è Proprio dalle fila della borghesia cittadina evolutasi col tempo, data ormai per certa la crisi di un'aristocrazia ormai messa alle strette da una Atene democraticamente stabile, che provengono i maggiori esponenti di questa corrente filosofica.
Insomma, l'avvento della democrazia favorì particolarmente la speculazione dei Sofisti, facilitandone la libera partecipazione nelle assemblee e facendo in modo che i suoi adepti potessero progressivamente diffondere le proprie conoscenze e le proprie idee.
I Sofisti col ritenersi dei sapienti, intendono presentarsi come coloro che sanno rendere gli uomini abili nelle faccende che svolgono, adatti alla vita sociale e capaci d'avere la meglio nelle competizioni civili.
Lo strettissimo legame che intercorre tra la sofistica e la democrazia è evidenziato anche dalla nascita e dalla diffusione della retorica.
La Sofistica e il periodo che la caratterizza rappresenta una sorta di Illuminismo greco, che tende a sostituire ai miti e alle credenze delle nozioni razionali cercando, così, di liberare il passato nel nome della Ragione.
I Sofisti non si sono mai riuniti attorno ad una scuola ma il filo conduttore che seguono nella loro speculazione consente di raggrupparli in un unico movimento, unitario anche se non compatto.
Uno tra i più rinomati sofisti è Protagora (490 a.C. Ad Abdera), a lui sono attribuiti vari scritti, tra cui “Ragionamenti demolitori”, “Sulla verità”, “Le antilogie”, tutti giunti a noi in maniera molto frammentaria.
Tesi fondamentale del suo pensiero è che l'uomo è l'unico metro di giudizio, sia per quanto riguarda la realtà che per quanto riguarda l'irrealtà del tutto e delle cose. Qualsiasi realtà presuppone sempre l'uomo come baricentro e soggetto del giudizio. Detto in poche parole si giunge ad una sorta di fenomenismo e di relativismo conoscitivo e morale, per cui noi abbiamo sempre e soltanto a che fare non con la realtà in se stessa, ma con il fenomeno e cioè con la realtà quale appare a noi, dal punto di vista dell'uomo.
In questo vuoto di verità, l'unico criterio cui l'uomo può aggrapparsi è l'utilità pubblica o privata della condotta e del credere.
Altro grande personaggio appartenente alla Sofistica è Gorgia di Lentini, nato in Sicilia intorno al 485 a.C. A lui attribuiscono gli scritti dal titolo: “Sul non essere e sulla cultura” e “L'encomio di Elena”. La tesi, o meglio le tre tesi su cui si fonda la speculazione di Gorgia sono esplicative del suo pensiero; esse sono le seguenti: 1) Nulla c'è; 2) Se anche qualche cosa ci fosse questa non sarebbe conoscibile dall'uomo; 3) Se anche fosse conoscibile, sarebbe comunque incomunicabile. Tale concezione, porta inevitabilmente all'impossibilità per l'uomo di parlare di un essere supremo o di un principio ultimo, finendo col rendere impossibile la capacità di dare aspetto metafisico al mondo finanche da un punto di vista religioso. Inoltre non bisogna dimenticare altri rappresentanti della Sofistica del primo periodo, seppur di minore importanza, come: Prodicodiceo, Ippia ed Antifante i quali apportarono comunque notevoli contributi all'interno della dottrina sofistica.
Il merito più grande dei Sofisti è quello di aver esaltato il valore della parola, in un mondo ormai interamente incentrato sull'uomo; tuttavia non bisogna dimenticare, che sarà proprio con l'affermarsi dell'eristica, l'arte del vincere nelle discussioni, che comincerà la progressiva crisi del movimento.
Completamente opposta a questa linea di pensiero è la speculazione inaugurata da Socrate ( Atene 470 o 469 a.C.). Socrate non trascrisse nulla del suo pensiero, le uniche conoscenze pervenuteci e riguardanti la sua dottrina sono merito delle testimonianze che del filosofo furono date da Platone, Aristotele, i Socratici minori, Aristofane, Senofonte e Policrate.
Anche per Socrate, come ormai avviene a partire dalla stessa Rivoluzione Sofistica, gli interrogativi filosofici non riguardano più la natura e la consuetudine, bensì, sono tutti riferibili all'uomo.
Secondo Socrate, il filosofare deve portare alla conoscenza di se stessi e perciò, deve strutturarsi come dialogo oltre che con gli altri soprattutto con se stessi. Il primo momento di questo dialogo consiste nel rendere se stessi coscienti della propria ignoranza, e questo, per Socrate, è il primo passo che conduce l'uomo verso la ricerca del sapere. Durante il secondo momento, detto anche dell'Ironia, Socrate fingendo di non sapere, chiede al suo interlocutore spiegazioni sempre più precise riguardo l'oggetto dell'argomento. Il filosofo, facendo ricorso a specifiche locuzioni, come ad esempio: “Ti esti?” che significa “che cos'è?”, cerca di far cadere le certezze cristallizzate, che il soggetto interlocutore si era costruito in precedenza. Infine con il terzo momento, detto della Maieutica, Socrate non tende ad imprimere forzatamente nella mente del soggetto le proprie convinzioni, bensì tende a stimolare il soggetto stesso a cercarle dentro se stesso.
Anche l'etica socratica va al di là di qualsiasi principio assoluto e ultimo; la virtù è per Socrate sapienza e ricerca del bene, che presuppone una faticosa conquista e che ha l'unico metro di giudizio nell'uomo dato che né bene né giustizia costituiscono entità metafisiche. Il bene e il giusto sono soltanto valori umani che di volta in volta scaturiscono dal nostro lucido ragionare.
L'accusa e la condanna a morte, cui Socrate non si sottrarrà anche avendo la possibilità di ritrattare le sue teorie, costituiscono parte integrante della speculazione di Socrate. La verità che egli professa e in cui egli crede è la Verità con lettera maiuscola, per cui, non rinnegando mai le sue posizioni, sosterrà con forza che l'amore della saggezza e per la conoscenza è più forte di qualsiasi dolore o paura per il dolore fisico. L'imputazione che gli venne rivolta si basava principalmente sul reato di corruzione dei giovani e su quello di introduzione di nuove e straniere divinità nel panteon greco; in realtà, però, le ragioni della sua condanna sono di origine politica, Socrate era oligarchico e veniva accusato di aver appoggiato la congiura che aveva portato nel 404 a.C. al governo dei Trenta Tiranni ribaltato, poi nel 399 a.C., in un nuovo governo democratico.
Il grande continuatore dell'opera di Socrate fu uno dei suoi studenti, Platone, anche se a Scorate fanno capo altre scuole minori come la scuola Megarica, quella Cirenaica, quella Cinica e quella Eretriaca.

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