lunedì 11 maggio 2015

Immanuel Kant.


Immanuel Kant nasce a Konigsberg nel 1724 e dal 1755 fino alla sua morte, avvenuta nel 1804, tenne il posto di professore, prima come libero docente poi come professore ordinario di logica e metafisica, nell'università della stessa città.
Nell'attività di Kant si possono distinguere tre periodi:
1) il primo periodo che va fino al 1760, vede prevalere l'interesse per le scienze naturali;
2) il secondo che va fino al 1781, anno di pubblicazione della “CRP”, vede prevalere l'interesse per la filosofia, determinando anche l'orientamento verso l'empirismo e il criticismo; a questo periodo appartiene anche la Dissertazione “Forma e principi del mondo sensibile ed intellegibile” del 1770, pubblicata per ottenere la nomina a professore ordinario;
3)il terzo periodo è il vero e proprio periodo Critico. Nei dieci anni che seguirono la pubblicazione della dissertazione, Kant andò lentamente elaborando la sua filosofia critica; nel 1781 e nel 1787 appaiono le due edizioni della “CRP”, nel 1783 pubblica i “Prolegomeni ad ogni metafisica futura che si presenterà come scienza”. Del 1788 è la “CRPr” e del 1790 è la “CG”; altre opere composte in questo periodo sono la “Metafisica dei costumi”, i due saggi del 1784 “Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico” e “Risposta alla domanda: che cosa è l'Illuminismo?” oltre allo scritto del 1795 “Per la pace perpetua”. La sua produzione fu vastissima e abbracciò moltissimi campi di ricerca.
Il pensiero di Kant è detto Criticismo perché fa della critica lo strumento per eccellenza della filosofia; Criticare è infatti Valutare, Giudicare, Distinguere, ossia interrogarsi circa il fondamento di determinate esperienze umane, chiarendo le possibilità e le Condizioni che ne permettono l'esistenza e i Limiti o i Confini che le caratterizzano. Il Criticismo si presenta allora come una Filosofia del Limite, ossia un'interpretazione dell'esistenza volta a stabilire il carattere finito o condizionato dell'uomo e della sua attività.
Tracciare i Limiti, però, non coincide per forza con la caduta nello scetticismo perché equivale a garantire, entro il limite stesso, la Validità della conoscenza umana. Kant si propone di rinunciare ad ogni evasione dai limiti dell'uomo e tale rinuncia, nelle stesse parole di Kant, è dovuta all'opera empirista di Hume che ha avuto il merito di svegliarlo dal sonno dogmatico e di farlo, lentamente ma inesorabilmente, giungere all'elaborazione del criticismo. Secondo Kant, infatti, i Limiti della Ragione tendono a Coincidere con gli stessi ;Limiti dell'Uomo, per cui, volerli varcare in nome di presunte capacità superiori della ragione umana equivale soltanto ad avventurarsi in sogni arbitrari o fantastici.
La “CRP” è sostanzialmente un'Analisi Critica dei Fondamenti del Sapere. Poiché il pensiero Scettico di Hume aveva minato alla base i fondamenti della Metafisica e della Scienza, si profilava, ora, secondo Kant, il necessario riesame delle strutture e della validità della conoscenza. Di conseguenza, la ricerca di Kant prende la forma di uno studio volto a stabilire, da un lato come siano possibili la Matematica e la Fisica in quanto Scienze e, dall'altro, come sia possibile la Metafisica in quanto Disposizione Naturale e in quanto Scienza. Da ciò le quattro domande che stanno alla base della “CRP”. Tuttavia, mentre nel caso della Matematica e della Fisica si tratta semplicemente di giustificare una situazione di fatto, chiarendo le condizioni che le rendono possibili, nel caso della Metafisica, si tratta di scoprire se esistono realmente condizioni tali che possano legittimare la sua pretesa di porsi come Scienza.
Kant parte dal presupposto che la Scienza offre il tipico esempio di Principi Assoluti, ossia di Verità Universali e Necessarie. Infatti, pur derivando dall'esperienza, la Scienza presuppone anche, come sua base, alcuni Principi Immutabili che fungono da pilastro. Questi sono quelli che Kant definisce Giudizi Sintetici A Priori, ovvero giudizi in cui il predicato aggiunge qualcosa al soggetto e cio A Priori, prima dell'Esperienza. In altre parole, Kant ritiene che la Scienza Derivi dall'Esperienza ma aggiunge che alla base dell'Esperienza ci sono alcuni principi Inderivabili dall'Esperienza stessa e questi sono i Giudizi Sintetici A Priori.
In questo consiste la Rivoluzione Copernicana compiuta da Kant nel rapporto tra Conoscente e Conosciuto, non è più la mente che si adatta all'oggetto conosciuto, ma è la Realtà che si Modella sulle Forme A Priori attraverso le quali la percepiamo. A tal fine viene introdotta la divisione kantiana tra il Fenomeno e la Cosa In Sé; il Fenomeno è la Realtà quale ci appare attraverso le forme A Priori della Nostra Struttura Conoscitiva, mentre la Cosa In Sé è la Realtà considerata Indipendentemente da noi e che quindi si presenta come una X Sconosciuta.
Kant articola la Conoscenza in tre facoltà principali: i Sensi, l'Intelletto e la Ragione. La Sensibilità è la facoltà tramite cui gli Oggetti ci sono Dati Intuitivamente attraverso i Sensi e le Forme A Priori di Spazio e Tempo. L'Intelletto è la facoltà attraverso cui Pensiamo i Dati Sensibili tramite i Concetti Puri o Categorie. La Ragione è la facoltà attraverso cui, andando Oltre l'Esperienza, cerchiamo di spiegare Globalmente la Realtà mediante le tre idee di Anima, Mondo e Dio.
Su questa tripartizione delle facoltà umane si basa la “CRP” che si biforca in Dottrina degli Elementi, che si propone di scoprire gli Elementi A Priori della Conoscenza, e Dottrina del Metodo, che consiste nel determinare il Possibile Uso degli Elementi A Priori. La Dottrina degli Elementi si divide a sua volta in un'Estetica Trascendentale, che studia la Sensibilità e le Forme A Priori di Spazio e Tempo, e in una Logica Trascendentale, scissa ancora in un'Analitica Trascendentale, che studia l'Intelletto e le sue Forme A Priori (le 12 Categorie) e in una Dialettica Trascendentale, che studia la Ragione e le sue idee di Anima, Mondo e Dio. Kant utilizza il termine Trascendentale per indicare ogni Conoscenza che si occupa non tanto di oggetti quanto del Nostro Modo di Conoscere gli Oggetti, nella misura in cui questo deve essere possibile A Priori.
nell'Estetica Trascendentale viene analizzata la Sensibilità e le sue Forme A Priori che sono Spazio, la Forma A Priori del Senso Esterno, e Tempo, la Forma A Priori del Senso Interno; entrambe sono dei quadri mentali A Priori attraverso cui connettiamo i dati fenomenici.
Nell'Analitica Trascendentale e nella sua parte dedicata ai Concetti, sono analizzati i Concetti Puri o Categorie, ovvero quei concetti basilari della mente che rappresentano le supreme Funzioni Unificatrici dell'Intelletto. Poiché Pensare è Giudicare, ovvero attribuire un predicato ad un soggetto, ci saranno tante Categorie o Predicati Primi Quante sono le Modalità di Giudizio. E poiché i Giudizi sono raggruppati, a tre a tre, secondo la Quantità, la Qualità, la Relazione e la Modalità, a questi dodici giudizi corrisponderanno dodici Categorie.
Dopo aver mostrato le Categorie Kant si trova di fronte al problema della Deduzione Trascendentale, ovvero deve dimostrare il perché le Categorie, che sono Forme Soggettive della nostra mente, pretendono di Valere anche per gli Oggetti della Natura che non sono creati dall'uomo e dal suo intelletto. Per quanto riguarda le Forme della Sensibilità, Spazio e Tempo, il problema non esiste, infatti un oggetto non può apparire all'uomo se non tramite queste forme, il loro adattamento alla Natura è intrinseco all'uomo stesso. Invece, quando si analizzano le Categorie bisogna trovare una soluzione che ne dimostri la loro validità per ciò che riguarda gli oggetti naturali. Kant afferma che l'Unificazione del Molteplice è un'Attività Sintetica dell'Intelletto, questo ha un Centro Mentale Unificatore che viene chiamato Io Penso, Appercezione Trascendentale o Autocoscienza Trascendentale. Ora l'attività dell'Io Penso si attua tramite i Giudizi che a loro volta coincidono con le Categorie, queste sono le diverse maniere di Agire dell'Io Penso, le diverse Funzioni Unificatrici attraverso cui si Concretizza la sua attività Sintetica. Di conseguenza se gli Oggetti sono Pensati sono per forza di cose Categorizzati, che è lo stesso di dire che la Natura (fenomenica) Obbedisce Necessariamente al nostro Intelletto e alle sue Forme A Priori.
Anche l'Analitica dei Principi fa parte dell'Analitica Trascendentale, ma, mentre l'Analitica dei Concetti studia le Categorie dell'Intelletto e la loro pretesa di valere per gli Oggetti della Natura, questa sezione studia, invece, il Modo tramite cui le Categorie si possono Applicare ai Fenomeni. È a questo punto che Kant introduce la dottrina dello Schematismo Trascendentale, intendendo con la parola Schemi la Prefigurazione Intuitiva (o anche Temporale) delle Categorie, ovvero le Regole che l'Intelletto segue per Condizionare il Tempo secondo i suoi Concetti A Priori.
La conclusione dell'Analitica ci presenta i Principi dell'Intelletto Puro, che sono le Regole di fondo attraverso cui le Categorie sono Applicate agli Oggetti. Regole che si identificano, quindi, con le Leggi Supreme dell'Esperienza e con le Proposizioni di fondo del Sapere Scientifico. Questi sono: gli Assiomi dell'Intuizione (corrispondenti alla Categoria della Quantità), che affermano A Priori che tutti i Fenomeni Intuiti costituiscono delle Quantità Estensive. Le Anticipazioni delle Percezioni (corrispondenti alla Qualità) che affermano A Priori che tutti i Fenomeni Intuiti hanno Qualità Intensiva. Le Analogie dell'Esperienza (corrispondenti alla relazione), che affermano che l'Esperienza costituisce una Trama Necessaria di Rapporti basata sui Principi della Permanenza della Sostanza e della Causalità dell'Azione Reciproca. In Postulati del Pensiero Empirico in Generale (corrispondenti alla Modalità), che stabiliscono che ciò che è in rapporto con le Condizioni Formali dell'Esperienza è Possibile, ciò che è in accordo con le Condizioni Materiali dell'Esperienza è Reale e ciò la cui connessione con il reale è determinata in base alle Condizioni Universali dell'Esperienza è Necessario.
Si nota chiaramente come questa Dottrina dei Principi corrisponda con il concetto dell'Io Legislatore della Natura. Se per Natura si intende la Conformità dei Fenomeni alle Leggi, risulta evidente che tale Ordine Non Deriva dall'Esperienza ma dall'Io Penso e dalle sue Forme A Priori. L'Io Penso e le Categorie non possono tuttavia rivelare se non quella che è la Natura in Generale, cioè la Regolarità dei Fenomeni nello Spazio e nel Tempo. Le Leggi Particolari non possono essere desunte dalle categorie ma soltanto dall'Esperienza.
Nella Dialettica Trascendentale Kant affronta il problema se la Metafisica può costituirsi come Scienza; questa sezione si presenta come lo Smascheramento dei Ragionamenti Fallaci della Metafisica che, nonostante la sua infondatezza, è comunque un Parto Naturale della Ragione umana che vuole Pensare anche Senza Dati Sensibili. Il nostro voler procedere anche senza Dati Esperienziali deriva dalla nostra Innata e Naturale tendenza all'Incondizionato e alla Totalità. La nostra ragione è irresistibilmente attratta dalla voglia di giungere ad una spiegazione Onnicomprensiva e Globale di tutto ciò che esiste. Spiegazione che fa leva sulle tre Idee Trascendentali della Ragione che sono Anima, l'Idea della Totalità assoluta dei Fenomeni Interni, Mondo, Idea della Totalità assoluta dei Fenomeni Esterni, e Dio, Idea di una Totalità di Tutte le Totalità, Idea del Fondamento di Tutto ciò che esiste. Secondo Kant, l'Errore della Metafisica consiste nell'aver Trasformato queste tre Esigenze Mentali in altrettante Realtà, dimenticando che noi possiamo rapportarci soltanto alla realtà non oltrepassabile del Fenomeno e mai alla Cosa In Sé.
Per dimostrare l'infondatezza della Metafisica Kant espone una serie di prove, la prima contro la Psicologia Razionale, questa si fonda su di un ragionamento errato che la spinge ad applicare la Categoria di Sostanza all'Io Penso, trasformandolo in una realtà permanente chiamata Anima. Anche la Cosmologia Razionale è illusoria, questa erroneamente crede possibile pensare al Mondo come Esperienza della Totalità delle Esperienze possibili. In fine, Kant presenta la critica della Teologia Razionale che vede in Dio l'essere supremo e perfetto giustificando questa ammissione con le erronee prove Cosmologica, Ontologica e Fisico Teologica.
In ultima analisi quindi, le Idee della Ragione Pura, anche se non servono a conoscere alcun oggetto, devono avere almeno un Uso Regolativo, indirizzando la ricerca intellettuale verso quella Unità Totale che rappresentano. Le Idee, cessando di valere Dogmaticamente come Realtà, varranno Problematicamente come condizioni che impegnano l'uomo nella ricerca Naturale.
L'altra grande opera di Kant è la “CRPr” che si pone l'obiettivo di indagare la ragione non nel suo uso teorico, come faceva la precedente critica, bensì nel suo uso Pratico. Poiché la dimensione della Moralità si identifica con quella della Ragione Pura Pratica, cioè con quella ragione che opera Indipendentemente dall'Esperienza e dalla Sensibilità, la prima cosa da fare sarà distinguere in quali casi la Ragione è Pratica e nello stesso tempo Pura (cioè Morale) e in quali è esclusivamente Pratica.
A differenza della Ragione Teoretica, che deve essere criticata perché tende a valicare illegittimamente i limiti dell'Esperienza, la Ragione Pratica non ha bisogno di essere criticata nella sua parte pura, perché questa si comporta legittimamente obbedendo ad una Legge Universale. Invece, nella sua parte legata all'Esperienza e quindi Non Pura, la Ragion Pratica può darsi delle Massime, cioè delle forme di Azione Dipendenti dall'Esperienza e quindi Illegittime da un punto di vista Morale, ed è per questo motivo che deve essere sottoposta a Critica.
Il motivo base della “CRPr” è che esista nell'uomo una Legge Morale A Priori valida per tutti e per sempre. Una legge che il filosofo non deve dedurre ma solo constatare come Fatto A Priori della Ragion Pura, e questo perché se la Morale esiste e non e solo una chimera, essa è per forza Incondizionata e quindi presuppone l'esistenza di una Ragione Pura Pratica. Di conseguenza, alla tesi dell'Assolutezza e Incondizionatezza della Morale segue sia la Libertà dell'Agire, essendo incondizionata la morale implica la capacità umana di autodeterminarsi facendo della Libertà il primo postulato della Vita Etica, e segue anche la Validità Universale e Necessaria della Legge.
Anche la “CRPr” si divide in due parti fondamentali: la Dottrina degli Elementi e la Dottrina del Metodo. La prima parte tratta degli Elementi della Morale e si divide a sua volta in un'Analitica, che è l'esposizione delle Regole della Verità (Etica) e in una Dialettica, che è l'esposizione dell'Autonomia propria della Ragione Pratica.
L'Analitica della Ragion Pratica seguirà un ordine di marcia opposto a quello seguito nella “CRP”, infatti, si procederà dai Principi ai Concetti e soltanto da questi si passerà ai Sensi, ove possibile; nell'analisi della Ragione Speculativa, al contrario, si comincerà con l'analisi dei Sensi per poi andare verso l'analisi dei Principi.
Kant distingue i Principi Pratici che Regolano la nostra Volontà in Massime e Imperativi. Le Massime sono Prescrizioni con valore puramente Soggettivo, mentre gli Imperativi son Oggettivi. Gli Imperativi possono essere a loro volta Ipotetici, prescrivono dei Mezzi in vista di determinati Fini (se-devi), e Categorici, che esprimono il Dovere Incondizionato (Devi). Essendo la Morale Incondizionata dagli Impulsi Sensibili, essa non potrà risiedere negli imperativi ipotetici ma soltanto nell'Imperativo Categorico che, ordinando un Devi Assoluto quindi Incondizionato e Necessario, ha i connotati della Legge e della Moralità.
L'Imperativo Categorico consiste nell'Elevare a Legge l'Esigenza stessa di una Legge, questa si concretizza nella prescrizione di agire secondo una massima che possa valere per tutti.
Altra caratteristica di fondo dell'Etica kantiana è la Formalità, la Legge Non dice Cosa dobbiamo fare ma Come dobbiamo Farlo. L'Imperativo Etico non è una casistica di precetti, ma è solo una Legge Formale Universale che ci spinge solo ad agire tenendo sempre presente gli altri rispettando la loro dignità. Il cuore della Morale kantiana risiede dunque nel Dovere Per il Dovere, ossia nello sforzo di attuare la Legge della Ragione solo per ossequio ad essa.
Kant ha posto nell'uomo e nella sua ragione il fondamento dell'etica al fine di salvaguardarne libertà e purezza. La Rivoluzione Copernicana della Morale fa si che la Legge Etica diventi ciò che dà senso alla nozione di Bene e Male, e non viceversa.
Nella Dialettica della Ragion Pratica Kant prende in considerazione l'Assoluto Morale o Sommo Bene che consiste nell'addizione di Virtù Più Felicità. In questo mondo, però, Virtù e Felicita Non sono mai congiunte, quindi non ci resta che postulare, per risolvere questa che viene definita Antinomia della Ragione Pratica, un mondo dell'Al Di Là in cui sia possibile giungere ad un simile risultato (Virtù+Felicità). I Postulati tipici di Kant a tal proposito sono l'Immortalità dell'Anima e l'Esistenza di Dio, e a questi aggiunge anche la Libertà, unico Postulato che possiamo considerare certamente vero perché rappresenta la Condizione stessa dell'Etica. Se c'è la Morale deve per forza esserci la Libertà «Devi, dunque Puoi». L'Immortalità dell'Anima e l'Esistenza di Dio, invece, rappresentano soltanto Condizioni Ipotetiche affinché la Morale trovi, in un altro mondo, quella realizzazione che in questo le è negata. L'uomo di Kant, in ultima analisi, è colui che agisce seguendo soltanto il Dovere Per il Dovere, con, in più, la Ragionevole Speranza nell'Immortalità dell'Anima e nell'Esistenza di Dio.
Dopo la pubblicazione delle due Critiche, le confutazioni del kantismo sono molteplici e quindi nasce il problema di evitare di cadere nel Dualismo Platonizzante che spezza la Realtà in Due, un mondo Fenomenico della Scienza e un mondo Noumenico dell'Etica (questa è una delle critiche che più frequentemente viene mossa, in questo periodo e non solo, al sistema di Kant). A partire da questo problema si capisce perché Kant abbia pubblicato la sua terza critica, ovvero la “CG”.
Nella “CG” Kant studia il Sentimeno, facendone una terza facoltà e vedendolo come campo di attività Autonomo. Il Sentimento di cui parla Kant va inteso come la peculiare Facoltà mediante cui l'uomo fa Esperienza di quella Finalità del Reale che la Prima Critica Escludeva sul piano Fenomenico e la seconda Postulava sul piano Noumenico. Tuttavia, sebbene il Sentimento tenda a raffigurarsi il mondo Fisico in termini di Finalità e Libertà, esso rappresenta soltanto un Esigenza Umana che Non ha alcun Valore Conoscitivo e Teoretico. In altri termini, il Sentimento permette l'Incontro tra i Due Mondi, quello Pratico e quello Teoretico, ma Non la loro Conciliazione.
Nell'analisi di Kant i Giudizi Sentimentali costituiscono il campo dei Giudizi Riflettenti, diversi dai Giudizi Determinanti della “CRP” che hanno valore conoscitivo e scientifico. I Giudizi Riflettenti sono quei Giudizi Sentimentali che si limitano a riflettere su di una Natura Già Costituita mediante i Giudizi Determinanti, tendendo ad apprendere quest'ultima secondo le nostre Esigenze Universali di Finalità e di Armonia.
La “CG” si divide in Critica del Giudizio estetico e Critica del Giudizio Teleologico. La Critica del Giudizio Estetico consta di un'Analitica del Giudizio Estetico, che tratta del Bello e del Sublime, e in una Dialettica del Giudizio Estetico, che tratta dell'Antinomia del Gusto. Anche la Critica del Giudizio Teleologico si divide a sua volta in un'Analitica del Giudizio Teleologico, che tratta del Giudizio sulla Finalità della Natura, e una Dialettica del Giudizio Teleologico, che tratta dell'Antinomia del Giudizio. In Appendice si trova anche una Metodologia del Giudizio Teleologico.
Kant offre quattro definizioni di Bellezza. Secondo la Qualità, il Bello è l'Oggetto del Piacere Senza alcun Interesse; secondo la Quantità, il Bello è ciò che Piace Universalmente, Senza Concetto; secondo la Relazione, Bella è la Forma della Finalità di un Oggetto, in quanto questa vi è percepita Senza la rappresentazione di uno Scopo; in fine, secondo la Modalità, Bello è ciò che, Senza Concetto è riconosciuto come Oggetto di un Piacere Necessario.
Esiste un campo del Piacevole, che racchiude tutto ciò che Piace ai Sensi nella Sensazione, e un campo del Piacere Estetico, che è il Sentimento provocato dall'Immagine o Forma della Cosa che diciamo Bella. Il Piacevole da luogo ai Giudizi Estetici Empirici legati alle Inclinazioni Individuali e quindi Non Universali. Il Piacere Estetico, invece, è qualcosa di Puro che si concretizza nei Giudizi Estetici Puri che scaturiscono dalla sola Contemplazione della Forma di un Oggetto; solo quest'ultimo tipo di Giudizi ha la pretesa dell'Universalità.
Il Giudizio Estetico nasce da uno Spontaneo rapporto dell'Immaginazione o della Fantasia con l'Intelletto, in virtù del quale l'Immagine della Cosa appare Corrispondente alle Esigenze dell'Intelletto generando, così, un senso di Armonia. Tale meccanismo è uguale in ogni uomo e giustifica il fenomeno dell'Universalità Estetica e la pretesa di un Senso Comune del Gusto.
Kant è così pervenuto ad una vera e propria Rivoluzione Copernicana anche nel campo dell'Estetica, da questo punto di vista il Bello Non è una Proprietà Oggettiva e Ontologica delle Cose, ma è il Frutto dell'Incontro del Nostro Spirito Con Esse, cioè qualcosa che nasce solo per la mente ed in rapporto alla mente.
Dopo aver trattato del Bello, Kant passa all'analisi del Sublime, sia nella sua forma Matematica che in quella Dinamica. Il sublime è prodotto dalla percezione di qualcosa di smisurato o di incommensurabile. Di fronte al Sublime ci scopriamo portatori dell'Idea dell'Infinito e trasformiamo l'iniziale senso della nostra piccolezza fisica in una finale consapevolezza della nostra grandezza spirituale.
La Finalità del Reale, oltre che essere appresa Immediatamente nel Giudizio Estetico, può anche essere Pensata Mediatamente nel Giudizio Teleologico, e questo in virtù del concetto di Fine. Secondo Kant, l'Unica Visione Scientifica del mondo è quella Meccanicistica; tuttavia, egli afferma che nella nostra mente vi è una Tendenza Irreversibile a Pensare Finalisticamente e a scorgere nella Natura l'esistenza di Cause Finali. Nonostante questa tendenza, però, non ci è concesso di trasformare dei bisogni in realtà e quindi il Giudizio Teleologico sarà sempre privo di Valore Teoretico o Dimostrativo, in quanto la Finalità è solo un Nostro modo di vedere il Reale. Noi non possiamo mai fare a meno di misurarci con la considerazione teleologica, in quanto il Meccanicismo, che è l'unica visione scientifica del mondo, non è in grado di offrire una spiegazione soddisfacente e totale dei fenomeni naturali. Ciò non toglie, però, che il modello Teleologico non potrà mai sostituire nella spiegazione della natura quello Meccanicistico e non potrà mai valere teoreticamente e scientificamente.

mercoledì 10 ottobre 2012

Dalla Fenomenologia di Husserl all'Esistenzialismo di Heidegger.


La Fenomenologia è una corrente filosofica del Novecento che tende all'analisi della Coscienza intesa come Intenzionalità ovvero come Coscienza di Qualcosa. L'Analisi della Coscienza coincide con l'analisi di tutti i modi possibili tramite cui qualcosa può essere dato alla coscienza, una simile analisi si può effettuare solo se la coscienza assume, nei confronti del mondo e dei suoi fenomeni, l'atteggiamento di uno Spettatore Disinteressato.
Scolaro di Brentano, Husserl (1859-1938) è il pensatore che, meglio degli altri, è riuscito a presentare la Fenomenologia e i suoi caratteri distintivi. I suoi testi chiave sono a tal proposito: “Ricerche logiche I e II”, “Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica”, “Meditazioni cartesiane”, “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale”.
La Fenomenologia Pura, secondo Husserl, è conoscere l'Essenza dei Modi di Conoscere. Essa è una scienza delle Essenze, non dei fatti, è una scienza Eidetica i cui fenomeni sono Irreali. Per giungere sul piano della Fenomenologia, bisogna Sospendere l'Affermazione sulla Realtà del Mondo, implicita in ogni atteggiamento naturale, e assumere lo sguardo di uno Spettatore, interessato solo a cogliere l'Essenza degli Atti mediante cui la Coscienza si Rapporta alla Realtà o la significa. Questa Sospensione di Giudizio è l'Epoché Fenomenologica e la Coscienza rappresenta il Residuo Fenomenologico, ossia ciò che rimane dopo l'Epoché.
Poiché la Coscienza è sempre Coscienza di Qualcosa, gli Atti della Coscienza o (il ché è lo stesso) i Modi di Datità degli Oggetti di Coscienza costituiscono la sua Intenzionalità. Ogni manifestazione della Coscienza è, infatti, riferita ad un Ché di diverso da sé, cioè un Pensato, un Ricordato, un Voluto, ecc... Come Intenzionalità la Coscienza è l'Atto di Trascendere sé stessa e mettersi così in Rapporto con un Oggetto. L'Oggetto della Coscienza è quindi una Realtà Trascendente che si presenta alla coscienza attraverso i Fenomeni Soggettivi della Percezione; i questi bisogna distinguere la Direzione Verso l'Oggetto o Noesis (percepire, ricordare, volere, ecc...) e l'Oggetto considerato nei suoi Vari Modi di essere Dato o Noema (il percepito, il ricordato, il voluto, ecc...). l'Oggetto della Percezione è, secondo Husserl, un polo intorno a cui vengono a raggrupparsi i Noemi dell'Esperienza Vissuta (ad esempio se la casa è l'oggetto, il suo noema è la casa colorata, buia, cioè la casa così come percepita nell'esperienza vissuta).
L'Oggetto, allora, si Dà alla Coscienza tramite Fenomeni Soggettivi, mentre la Coscienza si Dà a sé stessa Senza alcun Intermediario. Solo per la Coscienza Apparire ed Essere Coincidono, Non per l'Oggetto.
Per Oggetto Husserl intende anche Oggetti Ideali, tra questi le Essenze che sono i Concetti Universali delle Cose Reali; le Essenze sono Date alla Coscienza attraverso l'Intuizione Eidetica.
La Riduzione Fenomenologica mette in luce un Io Trascendentale (questo non è l'io empirico difronte al quale esiste già il mondo) che è l'Unico che può proporre il Problema della costituzione dell'Io Empirico e del mondo in cui vive. Considerare la struttura dell'Io Trascendentale è cercare la possibilità di tutto ciò che nell'Io trova Origine come Possibilità dell'Io. Solo in questo modo l'uomo può indagare il Mondo della Vita, il Mondo dell'Uomo e dei suoi Bisogni, senza cadere nell'analisi scientifica di un mondo simbolico che cela la dimensione del vissuto e del concreto.
Heidegger è allievo di Husserl, e a lui si ispira specialmente nei suoi primi lavori; ma lentamente la sua speculazione si sposterà dal terreno Fenomenologico per impiantarsi stabilmente sul terreno Esistenzialistico. La sua analisi Fenomenologica si blocca quando Heidegger evidenzia e mette in luce il conflitto che si instaura tra l'Io Empirico e l'Io Fenomenologico, ovvero quando il concetto di Epoché elaborato da Husserl metteva in mostra delle Inconsistenza. Heidegger non si convince della Riduzione Fenomenologica perché individua qualcosa che Non Può Essere Ridotto, questo qualcosa è l'Essere e all'essere è dedicata tutta la riflessione di Heidegger.
I testi chiave della sua speculazione sono “Essere e tempo” (1927), “Lettera sull'Umanesimo” (dopo la svolta del 1930, Heidegger smette di cercare il senso dell'essere per rivolgersi all'analisi dei vari modi in cui l'essere stesso, come soggetto, svela l'essere), “Sentieri interrotti”, “Identità e differenza”, “In cammino verso il linguaggio”, ecc...
Lo scopo della prima speculazione di Heidegger è costruire un'Ontologia dell'Essere capace di chiarire il Senso dell'Essere stesso. L'unico ente che può essere interrogato a tal fine è l'Uomo o Dasein, in quanto è nella sua Essenza la Possibilità di Interrogarsi sull'Essere. Si ha allora un Cercato, l'Essere, un Interrogato, l'Esserci o Dasein, e un Ricercato, il Senso dell'Essere.
Il modo d'Essere dell'Esserci è l'Esistenza, da ciò il carattere Esistenziale dell'Analisi. Riferita all'Uomo l'Esistenza è un Ex-Sistere, uno Stare al di là di se stesso Fuori di Sé, nella dimensione della Possibilità, del Progetto (l'Esserci è sempre la sua Possibilità). L'Esserci diviene allora l'Ente Per Cui Nel Suo Essere Ne Va di questo Essere Stesso, Trascende la Realtà in vista della Possibilità.
Heidegger distingue due piani di ricerca: quello Esistentivo o Ontico, proprio di ogni singolo uomo, e la Comprensione Esistenziale o Ontologica, che è, invece, quella che si propone di indagare le Strutture Fondamentali dell'Esistenza. Ma poiché l'Esistenza è sempre Individuata e Singola, alla fine l?analitica Esistenziale si mostra Radicata nella Condizione Esistentiva o Ontica dell'Uomo.
La comprensione Esistenziale fa suo il metodo Fenomenologico, ossia tende a Descrivere le Strutture Essenziali dell'Esserci in modo Obbiettivo e Imparziale.
Nell'analisi di questo Poter-Essere che è l'Uomo, il primo sguardo è rivolto alla sua Quotidianità o Medietà. L'Uomo è in primo luogo Essere-nel-Mondo, ossia Prendersi Cura delle cose che gli occorrono. L'Esserci, oltrepassando la Realtà di Fatto, Progetta la Realtà come insieme di Strumenti da lui Utilizzabili. L'Essere delle cose è nei confronti dell'Uomo il loro Poter Essere Utilizzate.
In questo Mondo l'Esserci è, in secondo luogo, un Essere tra gli Altri. Anche il rapporto con gli altri è un Prendersi Cura degli Altri o sottraendo agli altri le loro cure, o aiutandoli ad essere liberi di assumersi le proprie cure. La prima è la forma Inautentica della Coesistenza, la seconda è quella Autentica.
Se per Comprendersi l'Uomo parte dagli altri e dal mondo si ha una Comprensione Inautentica, se, invece, pone come punto di partenza della comprensione sé stesso, si ha una comprensione Autentica. Heidegger analizza prima l'Esistenza Inautentica, ovvero l'Esistenza Anonima, quella del Si Impersonale, Generico; in questa tutto è Insignificante. L'esistenza inautentica è contrassegnata dal Chiacchiericcio, dalla Curiosità, dall'Equivoco. Alla base di questa esistenza, che nonostante la sua Infelicità Costitutiva è sempre un poter essere dell'uomo, c'è ciò che Heidegger chiama Deiezione, ossia la Caduta dell'Essere dell'Uomo al Livello delle Cose e del Mondo. L'Esserci nel suo Commercio Quotidiano Diventa un Fatto, come Fatto sono le Cose. La Fattualità dell'Esserci corrisponde al suo Essere-Gettato-nel-Mondo.
La Cura è la Struttura Fondamentale dell'Esistenza, essa esprime la condizione fondamentale di un Essere che, Gettato-nel-Mondo, Progetta in Avanti le sue Possibilità; questo spingersi oltre sé, però, non fa altro che far ricadere in continuazione l'essere nel suo essere-gettato.
Solo l'Accettazione e l'Angoscia che provengono dalla Paura della Morte, l'Esserci si Apre alla sua Esistenza Autentica. Solo Anticipando la Possibilità Più Propria dell'Esserci, ovvero la sua Fine, l'Uomo Ritrova il suo Essere Autentico. L'Angoscia, suscitata dall'Anticipazione della Fine, rivela il Significato Autentico della presenza dell'uomo nel mondo e questo significato è il suo Progettarsi Incessantemente all'Interno del Nulla. Essere-per-la-Morte è accettare la Possibilità Più Prorpia dell'Esserci. L'Esserci è una Nullità di sé stesso perché la Nullità è ciò che lo costituisce nel suo Fondamento. L'Uomo, in quanto Progetto-Gettato, è costituito da una Nullità Esistenziale difronte a cui non rimane altro che Anticipare e Progettare questo Nulla nella Decisione Anticipatrice della Morte.
Il Senso della Cura, che è l'Essere dell'Esserci, è la Temporalità. Le Strutture Fondamentali dell'Esserci, infatti, Progettano verso il Futuro, sono Gettate nel Passato e sono Deiette o Perse nel Presente Inautentico. La Temporalità rappresenta allora il Senso Unitario della Cura; essa è ciò che rende possibile l'Esserci nella Totalità Strutturale delle sue Determinazioni.
Interrogandosi sul Senso dell'Essere e rivolgendo questo interrogativo all'Esserci, all'Uomo, possiamo avere soltanto una risposta negativa (“Essere e tempo”). Il Vero Disvelamento del Senso dell'Essere, allora non può essere il risultato di un'analisi rivolta ad un Ente; il Disvelamento del Senso dell'Essere è, bensì, il Prodotto dell'Iniziativa dell'Essere Stesso (la svolta del 1930). non si può capire il Senso dell'Essere interrogando l'Uomo, ma si può capire il Senso dell'Essere soltanto come iniziativa dell'Essere Stesso che nel suo operare si Svela Autonomamente. L'Uomo può solo Accogliere questa Iniziativa di Svelamento intrapresa dall'Essere.

L'uomo della Svolta risulta allora Gettato dall'Essere nella Varietà dell'Essere stesso; egli non può fare altro che lasciare che l'Essere Sia. L'Abbandono all'Essere è pertanto il solo atteggiamento alquale il pensiero, che è sempre pensiero dell'Essere, può condurre.

Nell'uomo l'unica Autentica Manifestazione dell'Essere è il Linguaggio, la Casa dell'Essere, che, in quanto dono libero da parte dell'essere, consente di dare un Nome alle Cose e di Svelare così, attraverso le Parole, il Significato dell'Essere. Tuttavia, non è l'Uomo che Parla, ma il Linguaggio stesso e nel linguaggio l'Essere.

Positivismo Sociale ed Evoluzionistico.


Il Positivismo è un movimento filosofico e culturale che nasce in Francia nella prima metà dell'Ottocento per poi diffondersi in tutta Europa nella seconda metà dello stesso secolo. Esso appare caratterizzato da una Celebrazione della Scienza vista come l'Unica Conoscenza possibile il cui Metodo può dare certezza alle nostre affermazioni. Da questo punto di vista si capisce sia perché, per questi pensatori, ogni ricorso a cause o principi Metafisici non accessibili al metodo della scienza sia privo di valore, sia perché il metodo della scienza deve essere esteso a Tutti i Campi dell'Attività umana, compresi quelli che riguardano direttamente l'Uomo e la Società.
Per i Positivisti, la filosofia coincide con l'enunciazione dei Saperi Comuni alle Varie Scienze, un'enunciazione che tende a coordinare i risultati delle singole scienze al fine di ottenere una conoscenza unificata. Il Progresso della Scienza è anche la base su cui fondare la Riorganizzazione della Vita Sociale e per evidenziare la sua Progressività intrinseca.
Parlando di Positivismo dobbiamo dividere una prima fase, che prende il via a partire dai primi dell'Ottocento e dagli anni della Restaurazione; essa si propone il superamento di una crisi socio-politica e culturale. E una seconda fase, iniziata con la seconda metà dell'Ottocento, in cui il Positivismo si presenta come riflesso e stimolo di un processo in atto; in questi anni il positivismo diventa anche la filosofia egemone in Europa.
Il decollo del sistema Industriale, della Scienza e della Tecnica, determina in questi anni un clima di totale fiducia nelle forze dell'uomo e nella scienza; un Ottimismo che si traduce in un vero e proprio Culto del Pensiero Scientifico e Tecnico, questo specie nel secondo periodo caratterizzato storicamente dalla Rivoluzione Industriale e dal consolidamento del potere della Borghesia Liberale che nel positivismo vede l'ideologia più idonea ad una classe capitalistica.
Oggi si distinguono per necessità didattiche i vari Positivisti per contesti nazionali, evidenziando, però, la diversa atmosfera culturale entro cui si collocano le filosofie della prima e della seconda fase. Si parla in genere di Positivismo Sociale (Saint-Simon, Comte, Stuart Mill) e di Positivismo Evoluzionistico (nato dalle teorie di Darwin e rappresentato da Spencer e Ardigò). Sottolineo ancora una volta come la prima fase di questo movimento veda nella scienza uno strumento per il superamento della crisi moderna e un mezzo di rigenerazione dell'umanità, e la seconda fase che inizia quando Darwin elabora il concetto di Evoluzione naturale e che assume questo concetto come categoria interpretativa universale valida per tutti gli ambiti di azione umana.
I temi fondamentali del Positivismo Sociale sono già presenti nell'opera “Industria” di Saint-Simon (1760-1825); qui viene mostrata quell'idea di Storia che accomuna tutti positivisti del primo periodo, ossia l'idea della storia come Processo Necessario e Continuo, retto da una Legge Generale che determina la successione delle epoche.
Il vero fondatore del Positivismo Sociale è Comte (1798-1857) autore di molti testi tra cui un “Corso di filosofia positiva” e un “Sistema di politica positiva o Trattato di sociologia che istituisce la religione dell'umanità”. Egli, però, è ricordato soprattutto per aver elaborato il manifesto del Positivismo Sociale “Discorso sullo spirito positivo”.
La scoperta che Comte definisce il suo più grande successo è la Legge dei Tre Stadi; secondo questa ogni branca della conoscenza umana passa per tre stadi teorici differenti: quello Teologico e Fittizio, in cui lo spirito umano si immagina la natura e i fenomeni come prodotto di Agenti Soprannaturali. Quello Metafisico, in cui gli agenti soprannaturali dello stadio precedente si trasformano in Forze Astratte. E, in fine, quello Positivo, in cui lo Spirito Umano abbandona la pretesa di giungere a Nozioni Assolute e alle Cause Intime dei Fenomeni, per applicarsi unicamente a scoprire, mediante il ragionamento e l'osservazione, le leggi effettive e le relazioni che regolano i fenomeni. Tra i tre stadi esiste un Rapporto di Successione Necessario, il primo stadio è il punto di partenza mentre il terzo è quello Fisso e Definitivo.
I tre differenti modi di interpretare il reale, nella società attuale, sussistono parallelamente e in una situazione simile risulta impossibile riorganizzare la società. Per ottenere questo risultato secondo Comte bisogna elaborare una Scala Enciclopedica delle Scienze che mostri, secondo l'ordine della Complessità Crescente, il momento in cui le varie scienze sono entrate nella fase positiva.
L'Enciclopedia delle Scienze proposta da Comte presenta la gerarchia di Matematica, Astronomia, Fisica, Chimica, Biologia e Sociologia. La Sociologia è la Scienza alla quale tutte le altre sono Subordinate ed il suo compito specifico è quello di Liberare l'Umanità dalla sua tendenza alla dissoluzione per condurla verso una Nuova Organizzazione. A tal fine la Sociologia concepisce i Fenomeni Sociali come Soggetti a Leggi Naturali che ne rendono Possibile la Previsione.
La Sociologia, o fisica Sociale, è divisa da Comte in: Statica Sociale, che mette in luce l'Ordine e le Relazioni Necessarie che intercorrono tra le varie parti del sistema sociale; e Dinamica Sociale, la cui idea fondante è quella di Progresso, ovvero di uno Sviluppo Continuo e Graduale dell'umanità verso una Perfezione Conoscitiva e Pratica sempre Maggiore.
La Scienza, in questo contesto, è lo studio della Natura che ci conduce alla conoscenza delle Leggi dei Fenomeni e con esse ci dà la base razionale per un'azione dell'uomo sulla natura stessa. Solo Conoscendo le Leggi possiamo Piegare i Fenomeni a Nostro Vantaggio. La Legge permette la Previsione e questa guida l'Azione dell'uomo sulla natura (Scienza donde previsione, previsione donde azione).
Comte introduce anche il concetto di Grande essere che però non si identifica con Dio ma con l'Umanità, intesa come l'Insieme degli Esseri Passati, Futuri e Presenti che concorrono Liberamente a Perfezionare l'ordine universale. Viene, così, messa in luce anche la Saggezza e la Provvidenza del Grande Essere, questi ha saputo svilupparsi gradualmente nelle sue età primitive (teologica e metafisica) per poi giungere all'età Positiva, ossia alla piena maturità. L'umanità rappresenta quindi la Tradizione Divinizzata.
La prima fase del Positivismo vede in Inghilterra le figure di Ricardo, Malthus, Bentham e James Mill; generalmente questi pensatori sono indicati con il termine di Utilitaristi, intendendo con ciò che la loro particolare speculazione positivista, a differenza di quella francese, istituisce un legame più stretto con la riflessione Economica e Politica, un legame basato proprio sul concetto di Utilità.
In Inghilterra c'è però anche un'altra figura di positivismo incarnata dalla personalità di Stuart Mill, questi unisce la riflessione Utilitarista a quella Morale finendo, così, per ottenere un Positivismo Etico che non porta a Nessuna Dogmatizzazione dei risultati della Scienza, ma evidenzia come la Legge, specie quella giuridica e sociale oltre che morale, sia una Necessità Intrinseca della Natura. In altre parole, è la Naturalità delle Azioni Sociali che ci consente di studiare la loro Scientificità e così la loro Prevedibilità. Il fare, infatti, è sempre frutto di determinati presupposti e segue anche esso la legge della causalità.
In Italia il maggior esponente del Positivismo Sociale è Carlo Cattaneo.
L'altro indirizzo del Positivismo è quello Evoluzionistico, la sua tesi basilare è quella che vede nell'evoluzione progressiva la manifestazione di una realtà infinita. Il concetto di evoluzione cui questi pensatori si richiamano è preso dalle teorie di Lamarck, ma soprattutto dalla teoria di Darwin sull'evoluzione e sulla Selezione Naturale. Darwin, infatti, nel suo “Origine della specie”, sottolinea come nella lotta per la sopravvivenza siano favoriti gli individui che hanno caratteri di adattamento più sviluppati, solo questi, infatti, riusciranno a sopravvivere e riprodursi, lasciando i caratteri più adatti alla sopravvivenza in eredità alle generazioni future.
Elaborare la Dottrina del Progresso Universale e mettere in luce l'Infinito Valore di questo, fu il compito che Spencer (1820) affida alla sua speculazione, riassunta dai suoi capolavori “Sistema di filosofia sintetica” e “Primi principi”. Secondo Spencer il Progresso e l'Evoluzione, in qualsiasi ambito, umano e non, è un fatto Universale e Cosmico che mostra in quanto tale il suo carattere Divino.
Religione e Scienza hanno un presupposto comune, l'Inconoscibilità della loro Verità più Generale; la Religione richiama l'uomo al mistero di questa causa ultima, mentre la Scienza estende la conoscenza dei fenomeni fino a giungere alla Generalità Assoluta del Fenomeno Ultimo e Inconoscibile.
Secondo Spencer, la filosofia è la conoscenza nel suo più alto grado di generalità; essa utilizza i principi più generali cui è giunta la scienza, presentandosi come Teoria dell'Evoluzione e mostrando come la Legge dell'Evoluzione, quella legge che si basa sui principi generalissimi della scienza (come l'indistruttibilità della materia, la continuità del movimento e la persistenza della forza), sia la Legge che regola la vita.
La Prima Legge dell'Evoluzione è che essa è passaggio da una forma meno coerente ad una forma più coerente, dall'omogeneo all'eterogeneo (come un essere pluricellulare omogeneo passa ad un organismo che presenta diversità di organi ed è quindi eterogeneo), dall'indefinito al finito. L'Evoluzione è anche una Legge Necessaria che si ispira ad una visione Globale e Ottimistica.
Particolare nella visione di Spencer è il ruolo della Sociologia, il suo compito è determinare le leggi dell'Evoluzione Super-Organica, e a tal fine considera la società come un organismo vivente. Lo Sviluppo Sociale, secondo Spencer, deve essere lasciato nelle mani di quella Forza spontanea che lo presiede e lo muove verso il Progresso.
Naturalmente anche l'Etica di Spencer è Evoluzionistica. L'evoluzione sociale fornisce all'individuo un A Priori Sociale cui richiamarsi per l'Azione futura. Dato che però l'Evoluzione è sinonimo di Adattamento alle condizioni di vita, non può esistere ché una Morale dell'Utilità Individuale secondo cui, chi meglio si adatta alla vita, oltre a vivere meglio, raggiunge un grado maggiore di Piacere e di Felicità.
Il Positivismo Evoluzionistico ha in Italia la sua figura di maggior interesse in Roberto Ardigò (1828). in generale la sua teoria filosofica coincide grossomodo con quella di Spencer, tranne che per l'idea di Inconoscibile che in Ardigò si trasforma nell'idea dell'Ancor-Non-Noto e che in quanto non noto Sollecita alla Ricerca. Questa è l'Idea di Evoluzione così come vista da Ardigò, il passaggio dall'indistinto al distinto, un passaggio che avviene necessariamente e incessantemente.

Il Marxismo e Marx.


Il Marxismo è una teoria politica e sociale che si sviluppa a partire dalle idee di Karl Marx (1818-1883), egli è autore di molti testi e articoli tra i quali: “Critica della filosofia del diritto di Hegel”, “Manoscritti economico-filosofici”, “L'ideologia tedesca”, “Manifesto del partito comunista” (1848), “Per la critica dell'economia politica”, “Il capitale”(primo, secondo e terzo libro rispettivamente del 1867, 1885, 1894).
Il primo contrassegno del pensiero di Marx è il suo porsi come analisi Globale della Società e della Storia, analisi che vuole abbracciare l'intero mondo nella molteplicità delle sue espressioni. Altra caratteristica da sottolineare, è lo stretto legame che esiste tra Marxismo e Prassi, legame che trasforma questa interpretazione dell'uomo e del mondo in un vero e proprio stimolo all'impegno pratico di trasformazione Rivoluzionaria. L'incontro tra reale e razionale che Hegel aveva solo pensato, in Marx si trasforma in input pratico finalizzato alla rivoluzione.
La vicinanza di Marx ad Hegel è evidente, ma più evidente ancora è la distanza che si instaura tra i due sistemi. Marx, infatti, critica Hegel perché dal suo punto di vista egli non ha fatto altro che trasformare la realtà in manifestazione necessaria dello spirito, ma tale trasformazione è possibile, secondo Marx, soltanto se si capovolge il rapporto tra soggetto e predicato. L'Idealismo vede erroneamente nel concreto la manifestazione dell'astratto; Hegel Crea il concetto di Spirito partendo dalla Realtà, ma alla fine, fa della Realtà una Manifestazione dello Spirito. Secondo Marx, Contro questo Capovolgimento Idealistico, bisogna riportare l'uomo con i piedi per terra, ovvero bisogna RiCapovolgere il rapporto che il Soggetto, l'uomo, instaura con la Realtà.
Alla base della speculazione di Marx vi è una dura Critica della società Capitalistica e dell'Economia Borghese, critica che apre al tentativo di spiegare la verità della storia da un punto di vista obbiettivo. Tale spiegazione dovrà prima di tutto rispondere alla domanda: che cosa è l'umanità? Per Marx, essa è in primis una specie evoluta, composta da individui associati che lottano per la sopravvivenza. Quindi, la Storia è primariamente un Processo Materiale fondato sulla Dialettica Bisogno-Soddisfacimento. Inoltre, gli uomini si differenziano dagli animali perché hanno la capacità di Produrre i propri mezzi di sostentamento con il Lavoro.
Nell'ambito della Produzione Sociale dell'Esistenza, ovvero della Storia, bisogna distinguere Forze Produttive e Rapporti di Produzione. L'insieme dei Rapporti di Produzione costituisce ciò che Marx definisce Struttura della Società. Su di questa si fonda la Sovra-Struttura, ovvero l'insieme delle forze politiche, delle dottrine etiche e artistiche, delle credenze religiose e filosofiche, che sono nient'altro che Espressione dei Rapporti di Produzione, ovvero della Struttura. Su questa concezione si basa ilo Materialismo Storico, ovvero il convincimento che la Storia è mossa da forze Economiche e Sociali. Forze Produttive e Rapporti di Produzione sono la Legge della Storia, la molla per il suo Divenire (e non viceversa come era sostenuto dagli idealisti).
Secondo Marx, i Rapporti di Produzione si reggono solo finché Favoriscono le Forze di Produzione, e, data la tendenza statica dei rapporti, si creano sempre dei periodi di Rivoluzione in cui una classe oppressa si scontra con la classe dominante. Marx distingue quattro periodi della formazione economica della società (Asiatica, Antica, Feudale e Borghese) ma è al periodo borghese che dedica una trattazione dettagliatissima.
La Borghesia, a differenza delle classi che hanno dominato nel passato e che tendevano semplicemente alla conservazione statica dei rapporti di produzione, esiste soltanto se Rivoluziona Continuamente i suoi Strumenti di Produzione e i Rapporti Sociali che essi determinano. Facendo questo, però, si arriva ad un punto in cui la Borghesia non riesce più a controllare le forze produttive, che, divenute sempre più sociali, si ribellano ai vecchi Rapporti di Proprietà e di Produzione, dando inizio alla Rivoluzione. Il Soggetto di questa Svolta sarà il Proletariato che, essendo oppresso dalla Società Borghese, non può fare a meno di mettere in campo una dura Lotta di Classe per liberarsi della Borghesia stessa e per appropriarsi dei Mezzi di Produzione.
Secondo Marx, quindi, la Storia della Società Borghese , ma anche la Storia in Generale, è Storia di Lotte di Classi.
Il “Capitale” si propone di mettere in luce i meccanismi che regolano la Struttura della Società Borghese. Questa presenta in sé stessa delle Contraddizioni Strutturali che pongono le basi per il suo fine e per il suo superamento. La caratteristica del Modo di Produzione Capitalistico è di essere Produzione Generalizzata di Merce. La Merce è un'entità che ha Valore d'Uso (Utilità) e un Valore di Scambio (Valore=Lavoro). Il Capitalismo ha la caratteristica di vedere la Merce Non più Finalizzata al Consumo ma finalizzata all'Accumulazione di Denaro; per esso non vale il ciclo Merce-Denaro-Merce utilizzato dalle Società Pre-Borghesi, ma si impone il ciclo Denaro-Merce-Più Denaro. Un Soggetto, il Capitalista investe del Denaro in Merce per ottenere Più Denaro.
Il cosi detto Plus-Valore deriva dal medesimo modello capitalistico che ha la possibilità di Comprare e Usare una Merce Particolare, l'Uomo, questa merce ha come caratteristica quella di Produrre Valore. Il Plus-Valore discende dal Plus-Lavoro dell'Operaio ed è il Lavoro da lui Gratuitamente offerto al Capitalista. Tutto questo è possibile solo perché il Capitalista Dispone dei Mezzi di Produzione.
Non è questo il luogo per analizzare concetti specifici del Marxismo come Capitale Variabile, Capitale Costante, Saggio del Plus-Valore e Saggio di Profitto; basta sottolineare come Fine Strutturale e Immanente del Capitalismo è Ottenere la Maggiore quantità possibile di Plus-Valore.
La Necessità intrinseca al capitalismo di un Continuo Rinnovamento Tecnologico genera la Caduta Tendenziale del Saggio di Profitto; questo, essendo la risultante della divisione tra il Plus-Valore e i due tipi di Capitale (Costante e Variabile), all'Aumento del Capitale Costante, risulta diminuito. Marx considera la Legge della Caduta Tendenziale del Saggio di Profitto come il vero tallone di Achille del sistema capitalistico.
Sommandosi ai fenomeni dell'Anarchia Produttiva, della Concorrenza e della Crisi, il Calo del Saggio di Profitto finisce per produrre quella tendenza, più distinta nel Capitalismo Industriale Avanzato, alla Scissione della Società in Due Classi Antagoniste, una Minoranza Industriale sempre più selettiva e potente e una sempre più grande Maggioranza Proletaria sfruttata e povera.
La Contraddizione Insita nella società Borghese è la base su cui poggia la Rivoluzione del Proletariato, che tende ad attuare il Passaggio dal Capitalismo al Comunismo. Il Proletariato appare investito di una missione Storica-Universale; esso cancellando la Proprietà Privata e la Divisione del Lavoro, creerà un Mondo Nuovo, senza distinzione di classe e con Mezzi di Produzione Socialmente Condivisi. Lo Stato Borghese non è che la Sovrastruttura di una società dominata dagli interessi della Borghesia e dalla Struttura dei Rapporti di Produzione Capitalistici; questi stessi rapporti hanno nelle loro leggi il seme della rivoluzione proletaria che trasforma la Lotta di Classe prima in Dittatura del Proletariato, poi in Assenza di Classi e parallelo Deperimento dello Stato.

Irrazionalismo ed Anti-hegelismo: Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche.


Questi tre pensatori sono solitamente indicati come Anti-hegeliani e Irrazionalisti, vediamo in che senso.
Schopenhauer (1788-1861) è autore del “Mondo come volontà e rappresentazione” (1818). il punto di partenza della sua filosofia è la distinzione kantiana tra Fenomeno e Noumeno o Cosa In Sé, ma egli capovolge rispetto a Kant il senso di questi concetti: il Fenomeno diviene Parvenza, Illusione, Sogno o Velo di Maya, mentre il Noumeno è la Realtà da scoprire perché Nascosta dietro il velo.
Il Fenomeno di Schopenhauer è una Rappresentazione che esiste soltanto nella mia Coscienza; il kantismo secondo il nostro può essere rinchiuso nell'affermazione che «il mondo è mia rappresentazione».
La Rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili, il Soggetto rappresentante e l'Oggetto rappresentato; questi esistono solo all'interno della rappresentazione.
La nostra mente si muove secondo gli A Priori di Spazio, Tempo e Causalità (questa per Schopenhauer rappresenta l'Unica Categoria); inoltre, essa è chiusa nell'Orizzonte della Rappresentazione ovvero di quella conoscenza che si muove secondo i su indicati spazio, tempo e causalità. L'uomo, oltre ad essere conoscenza e rappresentazione, è anche Corpo, questo non si interroga più sull'esterno, bensì sulla propria Interiorità, sul suo Dolore e sui suoi Desideri. Solo Ripiegando in Noi stessi possiamo Rompere il Velo di Maya e giungere alla Cosa In Sé del Nostro Essere, che è la Volontà di Vivere.
In altre parole, secondo Schopenhauer, più che Intelletto e Conoscenza (Spazio, Tempo e Causalità rivolte all'esterno), noi siamo Vita e Volontà di Vivere, e il Nostro Corpo non è che la Manifestazione Esteriore delle nostre Brame Interiori. Il Mondo Fenomenico è solo il Mondo in cui la Volontà si Mostra A Sé Stessa nella Rappresentazione Spazio-Temporale. La Volontà di Vivere è l'Unica Essenza Noumenica dell'Universo.
La Volontà, quindi, si Sottrae alle Forme del Fenomeno (come detto spazio, tempo e causalità); essa è un Impulso, è Energia di Volere e Vivere. In quanto tale la Volontà di Vivere è Unica e Eterna, Incausata e senza scopo, è una Forza Libera e Creatrice che va al di là della causalità razionale. L'Unica Verità del mondo è che si Vive per Continuare a Vivere.
Nel mondo Fenomenico la Volontà si manifesta attraverso due fasi: la prima è l'Oggettivazione della Volontà in Forme Immutabili che Schopenhauer chiama Idee; la seconda è l'Oggettivazione della Volontà nei Vari Individui che sono nient'altro che la Moltiplicazione spaziale e temporale delle Idee (secondo lo schema copia-modello). Da ciò il Pessimismo Assoluto del pensiero di Schopenhauer che definisce l'Essere come la Volontà Infinita, senza appagamento e con desideri sempre vivi. Da ciò anche lo stretto legame che egli istituisce tra Dolore, Piacere e Noia.
Tutto Soffre e se l'Uomo soffre di più è solo perché è Consapevole dell'Infinita spinta della Volontà. Il Male Non è il Mondo, ma il Principio da cui Deriva il Mondo, la Volontà. L'unico fine della natura sembra quello di perpetuare la vita.
L'unica vera risposta al dolore del mondo è la Liberazione Dalla Volontà di Vivere e quest può essere raggiunta seguendo varie tappe: l'Arte, la Morale e l'Ascesi. L'Arte è Catartica perché, essendo al di là dello spazio e del tempo, consente all'uomo più che la vita la Contemplazione della vita, elevando così l'uomo al di sopra della volontà. La Morale ci aiuta a sperimentare, specie nella Pietà, quella Superiore Unità di Tutti gli Esseri. In fine l'Ascesi che è l'unico vero atto di Libertà possibile all'uomo; l'individuo, cessando di volere la vita e il Volere stesso, si propone di estirpare il proprio desiderio di vivere e volere.
Il cammino della salvezza conduce al Nirvana buddista, ovvero all'Esperienza del Nulla, ad una Negazione del Mondo.
Anche Kierkegaard (1813-1855), specie riguardo all'aspetto teologico e irrazionalista della sua speculazione, appare spinto da motivi Anti-Idealistici. Le sue opere fondamentali sono: “Aut Aut”, “Timore e tremore”, “La ripetizione”, “Il concetto dell'angoscia”, “Postilla conclusiva e non scientifica”, “La malattia mortale”.
Egli critica Hegel e il suo voler rinchiudere le infinite categorie dell'esistenza, esplicitate dalla Possibilità, in un unico processo dialettico e oggettivo. Invece, secondo il nostro, dato che la Rgione è l'unica Verità dell'Umanità, è il Singolo ad essere coinvolto nella Scelta.
La Scelta è scelta di diversi modi di vivere la vita; le possibili scelte di vita sono:1) vita Estetica, che è la forma di vita che esiste nell'Attimo e che si configura come Disperazione. 2) vita Etica, che è la Scelta della Disperazione e della Riaffermazione di Sé nel Dovere e nella Fedeltà a Sé Stessi. Nella Vita Etica l'uomo Sceglie Incessantemente Sé stesso, essa è la Scelta della Scelta. 3) vita Religiosa, che è la Scelta Rischiosa della Fede in Dio. La Fede è l'Angoscia che si rende certa di sé e del suo rapporto con Dio. La Fede è Paradosso e Scandalo perché è la Contraddizione Ineliminabile di un Uomo che Deve Scegliere o di un Dio che è già la Scelta di Tutto, anche della fede stessa.
I diversi Stai della Vita sono delle Alternative che si Escludono a vicenda e che presentano la vita come Pura Possibilità. L'Angoscia è il frutto del Puro Sentimento della Possibilità. Il Possibile, a sua volta, è legato all'Avvenire, ciò che non è ma può essere.
È l'Infinità delle Possibilità che fa dell'Angoscia la Situazione Esistenziale dell'Uomo nel Mondo; l'uomo può volere sé stesso ed è allora disperato perché Finito, ma può anche scegliere di non volere sé stesso ed è allora angosciato perché non può mai rompere con sé stesso e con la propria individualità. Giunge allora la Fede che sostituisce alla disperazione dell'uomo per la sua non-autonomia e per la sua non-autosussistenza, la speranza e la fiducia in Dio.
In fine presento la figura di Nietzsche e le sue opere seguendo la matrice che ha ispirato l'analisi dei due precedenti pensatori e cioè l'irrazionalismo.
Nietzsche (1844-1900) scrive: 1) opere giovanili: “Nascita della tragedia” e le quattro “Considerazioni inattuali”; 2) scritti della fase illuminista: “Umano troppo umano”, “Aurora” e la “Gaia scienza”; 3) scritti sull'eterno ritorno e su Zarathustra: “Così parlò Zarathustra”, “Al di là del bene e del male”, “Genealogia della morale”, “Il caso Wagner”, “Crepuscolo degli idoli”, “L'anticristo”, “Ecce homo”, “Nietzsche contra Wagner”.
La filosofia di Nietzsche rappresenta una messa in discussione totale della civiltà Occidentale, dell'idea dell'uomo e dei valori Anti-Vitali da essa propugnati; ma, nello stesso tempo, costituisce, con i concetti di Superuomo, di Eterno Ritorno e di Volonta di Potenza, un suo superamento costruttivo.
L'analisi di Nietzsche parte dal mondo Antico, che secondo il nostro si concretizza nel contrasto tra Apollineo e Dionisiaco presente nella Tragedia Greca. Il Dionisiaco, Forza vitale Creatrice e in Divenire, si contrappone all'Apollineo, che rappresenta la fuga di fronte all'Imprevedibilità e Caoticità degli eventi. Soltanto nella Tragedia c'è Sintesi tra questi due termini e per questo essa è dotata di una grandissima forza espressiva e metafisica. Dionisio è per Nietzsche simbolo dell'Infinita Creatività della Vita. Una Vita che deve essere Accettata integralmente e Gioiosamente nella sua Potenza Primitiva. A tal fine si necessita di una Trasfigurazione di Tutti i Valori Anti-Vitali, ed in primis di quelli Morali e Cristiani, tipiche forme di coscienza che l'uomo utilizza per porsi consapevolmente Contro la Vita.
I Valori Etici non sono altro che l'espressione di determinate prerogative utilitaristiche finalizzate al mantenimento e al rafforzamento delle forme di dominio umane. Inizialmente la Morale, espressione dell'Aristocrazia Cavalleresca, era improntata ai valori Vitali della Forza, della Salute; progressivamente la Morale si pone Contro la Vita, l'apice di questa metamorfosi è rappresentato dal Cristianesimo che ha fatto primeggiare i valori dell'Abnegazione, del Disinteresse e del Sacrificio. La Religione Cristiano altro non è che l'espressione del Risentimento dell'uomo Debole Contro la Vita e contro la sua Forza.
Bisogna, quindi, costruire una nuova tavola dei valori a misura dell'uomo, per il quale non esiste altro luogo in cui vivere che sulla terra.
Anche la Scienza, che nel secondo periodo della sua attività filosofica sembrava a Nietzsche un appiglio sicuro, si trasformerà in una Fede Metafisica, così come la cultura Storicistica Anti-Vitale.
La Critica alla Metafisica trova il suo apice nel tema della Morte di Dio. Di fronte ad una Realtà Crudele e Eternamente Non-Provvidenziale, gli uomini hanno dovuto costruirsi delle certezze per convincersi che il mondo è un ché di Razionale ed Armonico, guidato dalla Libertà e provvidenzialmente teso verso la Verità. A questa Credenza Menzognera è dovuto il proliferare delle Metafisiche e delle loro assurde Verità. Dio è la Più Antica di queste Bugie Vitali, essa è la più compiuta espressione di Paura contro la Verità dell'Essere.
Per reggere la Morte di Dio, però, l'Uomo deve Superarsi, deve Divenire Oltre Sé Stesso, deve divenire Superuomo (Ubermensch). Solo chi guarda in faccia la vita e prende atto della sua Creatività Caotica e A-Razionale è pronto per progettare liberamente la propria esistenza, oltre ogni struttura metafisica data.
Morte di Dio è Tramonto del Platonismo, del suo Mondo Altro, è il Mezzogiorno; Momento dell'Ombra Più Corta; Fine del Lunghissimo Errore; Apogeo dell'Umanità.
Vivere senza Certezza Metafisiche Assolute Non è Distruggere Nichilisticamente, ma è disporsi a vivere ogni Attimo della Vita come Coincidenza tra Essere e Senso, come Atto Creativo, Gioco avente in sé il proprio senso appagante.
In questo contesto emerge anche la teoria dell'Eterno Ritorno dell'Eguale che, ridotta all'osso e in modo molto riduttivo, presenta la Vita come Infinita Ripetizione degli Attimi, che solo il Superuomo può accettare: «quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?».
Il Superuomo, che accetta la legge della Volontà di Potenza, quella Libertà Creatrice che Ricrea in continuazione l'Essere, Reinventa Incessantemente la Vita, proprio in questa Continua Creatività Giocosa trova la propria Essenza.

L'Idealismo Romantico: Fichte, Schelling ed Hegel.


Massima incarnazione del Romanticismo filosofico è l'Idealismo Tedesco che, infrangendo i limiti posti dalla riflessione critica e razionalistica di Kant, inaugura una nuova Metafisica dell'Infinito. Dai suoi stessi fondatori esso viene definito Idealismo Trascendentale, Soggettivo, Assoluto, in quanto, partendo dal kantiano Io Penso, fa di questo il Principio Unico di tutto che viene anche chiamato Spirito.
L'Idealismo sorge quando Fichte, sul piano non più Gnoseologico ma Metafisico, abolisce quello lo Spettro o la Chimera della Cosa In Sé, il Noumeno. Non esiste, infatti, Realtà Estranea all'Io che diviene così l'Entità Creatrice ed Infinita. Per l'Idealismo Tutto è Spirito, l'Io, l'Assoluto o l'Infinito costituiscono il Tutto della Realtà umana.
Rifacendosi al concetto di Dialettica, questi pensatori sono convinti che nella realtà non può esistere positivo senza negativo e che, quindi, lo Spirito, per essere tale, ha bisogno di quella sua Antitesi vivente che è la Natura. Di conseguenza, mentre le filosofie naturalistiche e materialistiche avevano sempre concepito la Natura come causa dello Spirito, Fichte capovolge tale prospettiva dichiarando che è lo Spirito ad essere Causa della Natura, essa esiste solo per l'Io ed in funzione dell'Io. La Natura, in altre parole, rappresenta per gli Idealisti, il polo dialettico necessario dell'Io.
Pur essendo d'accordo nell'interpretazione della realtà mediante le categorie di Spirito e di Infinito, io maggiori esponenti dell'idealismo (Fichte, Schelling ed Hegel) si differenziano tra di loro per la specifica maniera di intendere l'Infinito e i suoi rapporti con il Finito.
Iniziando l'analisi dalla figura di Fichte (1762) e dai suoi scritti fondamentali (“Fondamenti di tutta la dottrina della scienza” 1794, “Prima introduzione alla dottrina della scienza” e “Seconda introduzione alla dottrina della scienza”), possiamo affermare che egli, in opposizione a Kant, diviene propugnatore dell'Infinità dell'Io, della sua Assoluta Attività, Spontaneità e Libertà. Kant aveva riconosciuto il Principio Supremo di tutta la Conoscenza nell'Io Penso, ma Fichte nota come un simile passo, dato che l'Io Penso è Limitato dall'Intuizione Sensibile, faccia scaturire il problema dell'Origine del materiale sensibile; questo non potrebbe, nella prospettiva kantiana, provenire dalla Cosa In Sé che è Esterna e Indipendente dalla Coscienza. Dunque, secondo Fichte, è l'Io l'Unico Principio sia materiale che formale del Conoscere; il Noumeno è una Chimera perché è all'Io che si deve sia il pensiero della Realtà Oggettiva che della stessa Realtà nel suo contenuto Materiale. È quindi evidente che l'Io è Infinito e non soltanto Finito.
L'ambizione di Fichte è di costruire un sistema grazie al quale la filosofia possa presentarsi come un Sapere Assoluto e Perfetto; a ciò è finalizzata l'elaborazione della “Dottrina della Scienza” che si presenta come una Scienza della Scienza e cioè come un sapere che mette in luce i Principi su cui si fonda la Validità di ogni Scienza. Egli parte dal concetto che l'Essere per Noi, l'Oggetto, è possibile soltanto sotto la Condizione della Coscienza, il Soggetto, e questa soltanto sotto la Condizione dell'Autocoscienza. La “Dottrina della scienza” parte proprio dall'Autocoscienza per stabilire i tre Principi tramite cui si esplicita la deduzione dell'Autocoscienza stessa.
Il Primo Principio del Sapere non è il Principio di Identità (A=A), ma l'Io; solo l'Io Ponendo Sé Stesso può Porre l'Identità, e ciò perché l'Io non può affermare nulla senza affermare in primo luogo la propria esistenza. La caratteristica dell'Io consiste nell'Autocreazione, ovvero in quella che Fichte definisce Intuizione Intellettuale che l'Io ha di Sé Stesso. L'Essere dell'Io, inoltre, essendo frutto della sua azione è anche frutto della sua Libertà.
Il Secondo Principio è che l'Io Pone il Non Io. L'Io non solo Pone Sé Stesso, ma Oppone a sé un Non Io (Oggetto, Mondo, Natura) perché non avrebbe senso, sarebbe solo un concetto vuoto quello di un Soggetto senza un Oggetto.
Il Terzo Principio, che rappresenta la Sintesi Dialettica dei due precedenti, mostra come l'Io avendo Posto il Non Io si trovi ad essere Limitato da questo, esattamente come il Non Io si trova ad essere Limitato dall'Io. Con il Terzo Principio perveniamo alla Situazione Concreta del Mondo in cui ci sono una Molteplicità di Io Finiti difronte ad una Molteplicità di Oggetti Finiti; usando le parole di Fichte «»l'io oppone nell'io all'io divisibile un non io divisibile».
In fin dei conti, secondo Fichte, l'Io è la Realtà Originaria ed Assoluta che può Spiegare sia Sé Stessa, sia le Cose, sia il Rapporto tra Sé Stessa e le Cose. Dall'azione reciproca dell'Io e del Non Io nascono sia la Coscienza sia l'Azione Morale.
Riguardo all'analisi della Coscienza, Fichte riprende la teoria dell'Immaginazione Produttiva elaborata da Kant, ma la reinterpreta. L'Immaginazione Produttiva diventa l'Atto attraverso il quale l'Io Crea, Pone il Non Io, così si producono i materiali del conoscere. La Coscienza, quindi, presuppone sempre una situazione Polarizzata in cui c'è un Soggetto che ha già dinanzi a sé un Oggetto.
Riguardo all'Azione Morale, Fichte mostra come l'Io, Ponendo il Non Io, esiste come attività Conoscente Solo Per Poter Agire; l'Io Pratico è la Ragione stessa dell'Io Teoretico. Noi conosciamo perché siamo destinati ad Agire. L'Io Pone il Non Io Per Superarlo e Farlo Ritornare all'Io. Agire significa Imporre al Non Io la Legge dell'Io. L'Io mira a farsi Infinito, Libero da impedimenti esterni, anche se questa Infinità non è mai conclusa ma resta sempre un Compito Incessante.
Altro interprete dell'Idealismo tedesco è Schelling (1775) di cui richiamiamo le opere principali: “Idee per una filosofia della natura”, “Primo progetto di un sistema della filosofia della natura”, “Sistema dell'idealismo trascendentale” (1800). Schelling si propone il compito di Unire il Principio dell'Infinità Oggettiva al Principio dell'Infinità Soggettiva di Fichte, e fa questo nel concetto di un Assoluto che Non è Riducibile né al Soggetto, né all'Oggetto perché è il Fondamento di Enttrambi. Secondo Schelling, il Principio Assoluto è insieme Soggetto e Oggetto, Ragione e Natura, ma nello stesso tempo Unità e Indifferenza di entrambi.
Fichte aveva sacrificato la Natura all'Io, Schelling, invece, cerca nella Natura un Principio Autonomo che deve essere Identico a quello che guida il mondo della ragione e dell'Io. Tale Principio è l'Assoluto, Idealità e Realtà, Soggetto e Oggetto.
Schelling ammette due possibili direzioni della ricerca filosofica: la Filosofia della Natura, volta a mostrare come la Natura si Risolva nello Spirito, e la Filosofia Trascendentale, volta a mostrare come lo Spirito si Risolva nella Natura.
La Filosofia della Natura rappresenta un Organicismo Finalistico e Immanentistico, ossia uno schema secondo cui ogni parte ha senso solo in relazione al tutto; al di là del meccanicismo della Natura si rivela una Finalità Superiore che tuttavia è Interna alla Natura stessa. La Natura è un Organismo che Organizza Sé Stesso.
Dall'idea che la Natura Obbedisca ad una Programmazione Intelligente si passa all'idea di uno Spirito Immanente nella Natura a titolo di Forza Organizzatrice e Vivificatrice dei fenomeni; Entità o Forza che Schelling denomina Anima del Mondo. La Natura, in altre parole, conserva gli stessi caratteri che Fichte aveva attribuito all'Io, ovvero essa è Attività Spontanea e Creatrice che Esplicita Sé Stessa in una serie Infinita di Creature. La Natura è, quindi, Preistoria dello Spirito, è il cammino dello Spirito che a partire dalla Natura che va dall'Incoscienza all'Autocoscienza, giunge presso di sé nell'Uomo.
Se la Filosofia della Natura parte dall'Oggettivo per Derivarne il Soggettivo, mostrando il Progressivo farsi Intelligenza della Natura, la Filosofia Trascendentale segue, invece, il Cammino Inverso, essa vuole Dedurre l'Oggetto Dal Soggetto, evidenziando come i modi di Autocostituzione dello Spirito siano Identici con i modi di Autocostituzione della Natura.
Schelling parte dalla considerazione che l'Io o Autocoscienza si configura fichtianamente come un'Attività non limitabile che esiste soltanto in presenza di un limite che essa stessa pone e oltrepassa continuamente. L'Io, Astraendo dagli Oggetti, si coglie allora come Volontarietà e Spontaneità, ovvero come Intelligenza Autodeterminantesi.
Nel momento in cui lo Spirito si pone come Volontà, ovvero nel momento in cui l'Io diviene Autocoscienza astraendo dagli oggetti, inizia anche la Filosofia Pratica. La Storia è, secondo Schelling, sintesi di Libertà (Consapevolezza) e Necessità (Inconsapevolezza), in essa vi è un Disegno che si va Attuando Gradualmente e che è scritto dall'Assoluto o Dio, questo attraverso la Libera Azione degli Uomini si Attua e si Rivela. Un'attività nella quale si Armonizzano Spirito e Natura è l'Arte che si configura come l'Organo di Rivelazione dell'Assoluto.
Il presupposto di Schelling è quindi la Teoria dell'Assoluto come Identità o Indifferenza di Soggetto e Oggetto, di Natura e Spirito, di Finito e Infinito.
Esponente più noto dell'Idealismo tedesco è Hegel (1770); le sue opere fondamentali sono: “Fenomenologia dello spirito”, “Scienza della logica”, “Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”, “Lineamenti di filosofia del diritto”. Le tesi di fondo dell'idealismo hegeliano sono:
1) la risoluzione del Finito nell'Infinito; la Realtà coincide, infatti, con l'Assoluto e i vari enti del mondo non sono altro che manifestazioni Finite. Il Finito non è altro che espressione parziale dell'Infinito. Il Finito, in quanto Reale, è lo stesso Infinito. L'Assoluto è quindi un Soggetto Spirituale in Divenire, il Mondo (Finito) è la manifestazione o realizzazione di Dio (Infinito).
2) L'Identità di Ragione e Realtà, di Pensiero ed Essere; questa si concretizza nella tesi che tutto ciò che è Reale è Razionale e tutto ciò che è Razionale è Reale.
3) Il compito della filosofia è proprio quello di prendere atto della Realtà e comprenderne le strutture Razionali che la costituiscono.
Hegel ritiene che il Farsi Dinamico dell'Assoluto passi attraverso i tre momenti dell'Idea In Sé e Per Sé (Tesi), dell'Idea Fuori di Sé (Antitesi) e dell'Idea che Ritorna in Sé (Sintesi).
L'Idea In Sé e Per Sè è assimilabile a Dio Prima della Creazione dello Spirito Finito, ovvero, essa è il Programma o l'ossatura Logico-Razionale della Realtà. L'Idea Fuori di Sé è la Natura. L'Idea che Ritorna In Sé è lo Spirito, cioè l'Idea che dopo essersi fatta Natura Ritorna In Sé nell'Uomo. Questa triade è da intendersi in senso non cronologico ma ideale; nella Realtà esiste lo Spirito che ha come Coeterna Condizione la Natura e come Coeterno Presupposto l'Idea Pura.
A questi tre momenti corrispondono le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico: la Logica, la Filosofia della Natura e la Filosofia dello Spirito.
L'Assoluto è per Hegel fondamentalmente Divenire e la Legge che regola tale divenire è la Dialettica; quest consiste nell'affermazione o nella posizione di un concetto (tesi), nella negazione di questo e nel passaggio ad un concetto opposto (antitesi) e nell'unificazione delle precedenti affermazioni e negazioni in una sintesi positiva comprensiva di entrambe (sintesi). La Dialettica mostra come ogni Finito, ogni specchio di realtà, non può esistere in sé stesso ma solo in un contesto di rapporti che coincide con il Tutto Infinito di cui è parte o manifestazione.
Le opere di Hegel (“Fenomenologia” e “Enciclopedia”) mostrano tramite due strade diverse il principio dell'identità tra razionale e reale; la “Fenomenologia” mostra la strada percorsa dalla Coscienza Umana per pervenire al Principio dell'Identità di Infinito e Finito, di Razionale e Reale; l'“Enciclopedia”, invece, mostra questo Principio In Atto in tutte le determinazioni fondamentali della Realtà.
La “Fenomenologia” narra le vicende dell'Infinito, a partire dalle sue prime manifestazioni fino al suo affermarsi, e ciò attraverso una serie di figure che esprimono i settori più disparati della vita umana: la conoscenza, la società, la religione, la politica ecc... La sua prima parte si divide in tre momenti: Coscienza, fase in cui domina l'attenzione verso l'Oggetto; l'Autocoscienza, fase dominata dall'attenzione verso il Soggetto; e la Ragione, fase in cui si riconosce l'Unità profonda di Soggetto e Oggetto, Io e Mondo. L'Unità tra Io e Mondo Non è, però, un ché di Dato, ma è qualcosa che deve venire Realizzato. Hegel nominerà, nella fase più sistematica e matura della sua speculazione, Spirito Oggettivo o Eticità la Ragione che si è Realizzata come Universalità nelle Istituzioni di un popolo e soprattutto nello Stato.
Secondo Hegel, Logica e Metafisica, studio del pensiero e studio dell'Essere, sono la stessa cosa; ciò perché la Logica si configura come Scienza dell'Idea Pura, scienza dei Pensieri Oggettivi che esprimono la Realtà nella sua stessa esistenza. La Logica parte dal Concetto Vuoto dell'Essere, un concetto che in sé è Indeterminato, per passare all'Essere Determinato, un essere che riflettendo su di sé scopre le proprie relazioni; in fine si ha il Concetto o Idea che rappresenta l'Unità dei momenti precedenti, una Ragione Autocosciente che rappresenta la Totalità della Realtà in tutta la pienezza delle sue relazioni e determinazioni interiori.
La Filosofia dello Spirito, di cui Hegel tratta nell'“Enciclopedia”, è lo studio dell'Idea che, dopo essersi Estraniata da Sé, sparisce come natura, esteriorità e spazialità, per farsi Soggettività e Libertà, Autocoscienza e Autoproduzione. Lo sviluppo dello Spirito avviene secondo il movimento triadico dello Spirito Soggettivo, che è lo Spirito Individuale, dello Spirito Oggettivo, che è lo Spirito Sovraindividuale e dello Spirito Assoluto, che è lo Spirito in quanto Unione di Soggettivo e Oggettivo e che è lo Spirito che conosce se stesso nelle tre forme dell'Arte, della religione e della Filosofia.
Il fine del mondo e della Storia, secondo Hegel, è che lo Spirito giunga a sapere ciò che esso è veramente; il fine della storia è la realizzazione della Libertà dello Spirito. Questa Libertà si realizza nello Stato, che rappresenta il fine supremo della Storia e dello Spirito.
Lo Spirito Assoluto è il momento in cui l'Idea giunge alla piena Coscienza della Propria Infinità e Assolutezza. Tale Sapersi Assoluto dell'Assoluto è il risultato di un Processo Dialettico che l'Arte, la Religione e la Filosofia rappresentano in forme diverse: l'Assoluto viene conosciuto nelle forme dell'Intuizione Sensibile, della Rappresentazione e, in fine, del Puro Concetto.

Il Romanticismo.


Con il termine Romanticismo si indica il movimento filosofico, letterario, artistico e culturale che, nato in Germania negli ultimi anni del XVIII secolo, ha poi trovato la sua massima fioritura in tutta Europa nei primi anni dell'Ottocento.
Il Romanticismo tende ad identificarsi in una sorta di temperie o atmosfera storica e culturale che si riflette nella letteratura come nella filosofia, nella politica come nell'arte e in tutte le altre manifestazioni e attività umane. La sua nascita è connessa a determinate condizioni storiche e politiche come il Fallimento della Rivoluzione, il Cesarismo Napoleonico, la Restaurazione, i Moti Nazionali e si la sua diffusione coinvolge rapidamente tutti i paesi europei, anche se con debite differenze.
Nonostante gli infiniti volti, questo movimento presenta alcune tendenze di fondo comuni e tipiche. Siccome la Germania risulta l'anima del romanticismo europeo, specie filosofico, ci soffermeremo soprattutto sull'analisi del Romanticismo Tedesco, accennando in seguito allo sviluppo che esso ebbe nelle altre nazioni.
Storicamente il romanticismo tedesco nasce a Jena e vede i suoi primi esponenti e propugnatori nei fratelli Schlegel, in Schelling, in Novalis, in Holderlin, in Schleiermacher e in Tieck. Il Circolo di Jena visse fino al 1804, ma le sue idee si diffusero anche dopo la sua fine in tutta la Germania.
I romantici, nonostante la varietà delle loro opinioni, sono tutti sostanzialmente d'accordo nel respingere la Ragione così come essa era stata dipinta dagli Illuministi, specie da Kant. Il Romanticismo nasce proprio dal ripudio di quella Ragione che era divenuta la bandiera dell'Illuminismo e il suo privilegiato strumento interpretativo del mondo. Messa da parte la Ragione Empiristico-Scientifica, i Romantici cercano altre strade di accesso alla realtà e all'infinito.
Una di queste strade è l'Esaltazione del Sentimento, visto come Ebrezza Indefinita di Emozioni in cui Palpita la Vita stessa, al di là delle strettoie della ragione. L'esaltazione del sentimento procede parallelamente con il Culto dell'Arte, vista come Porta Aurorale della Conoscenza. L'arte è ciò che anticipa e segue il discorso logico, essa giunge dove la ragione non può arrivare; il Poeta, in questo contesto, diviene l'Esploratore dell'Invisibile che ha la facoltà di giungere dove la ragione logica deve per forza di cose fermarsi. Schelling, ad esempio, giungerà ad affermare che l'Universo è un'Opera d'Arte dell'Assoluto, evidenziando quello che è un principio comune a molti romantici e cioè che l'Arte è la principale chiave di lettura della Realtà ed in essa si possono rintracciare i principali attributi di Dio, che sono Infinità e Creatività.
Accanto all'arte, un'altra esperienza decisiva dei romantici è stata la Religione, vista anch'essa come via di accesso privilegiata al reale e come Sapere Indeterminato che, andando oltre i confini della ragione illuministico-kantiana, riesce a cogliere il Tutto nelle Parti, l'Assoluto nel Relativo, il Necessario nel Contingente, l'Unità nella Molteplicità, l'Eterno nel Tempo.
La caratteristica di base del Romanticismo è quindi quest'incessante Anelito all'Infinito. Contrariamente a Kant che aveva costruito una filosofia del Finito, i Romantici cercano ovunque l'Oltre-Limite, ovvero ciò che rifugge dai contorni definiti e che si sottrae alle leggi dell'ordine e della misura. L'Infinito si qualifica, quindi, come il protagonista dell'universo culturale romantico.
Tutti d'accordo nell'assegnare all'Infinito questo ruolo primario, i romantici si differenziano, invece, per il Diverso Modo di Intendere l'Infinito stesso e per i diversi modi di concepire i rapporti che questo ha con il Finito, e cioè con la Natura, con l'Uomo e con la Storia.
Il modello più caratteristico per comprendere la visione romantica del rapporto tra l'Infinito e il Finito è quello Panteistico che vede il Finito come Realizzazione vivente dell'Infinito; si ha dunque un Panteismo naturalistico, che identifica l'infinito con il ciclo eterno della Natura, e un Panteismo Idealistico, che identifica l'infinito con lo Spirito, ovvero con l'Umanità stessa.
Il modello Panteistico, però, non è l'unica visione dell'universo che ispira questi pensatori; tra i Romantici troviamo anche una corrente di intellettuali che istituiscono tra il Finito e l'Infinito una differenza sostanziale. Il Finito, secondo questa prospettiva, non è più la realizzazione vivente dell'infinito ma soltanto una sua Manifestazione Più O Meno Adeguata. Da questa posizione si giunge ad una sorta di Trascendentalismo o di Teismo che ammette la Trascendenza dell'Infinito rispetto al Finito e considera l'Infinito come un Dio che è Al Di Là delle sue manifestazioni Mondane.
Altro concetto romantico è quello della Vita Come Inquietudine, aspirazione o brama; i Romantici, infatti, ritengono che l'Uomo si Preda di un Demone dell'Infinito che fa si che l'uomo, mai pago del Finito, tenda sempre a Trascendere i suoi orizzonti (Il Faust di Goethe è un esempio evidente di questo desiderio di Infinità).
La Tensione verso l'Assoluto e l'Infinito si accompagna a quelle tendenze tipiche di questo movimento che sono l'Ironia e il Titanismo, la tendenza all'Evasione e l'Amore per l'Eccezionale.
Altro tema ricorrente nella letteratura romantica è quello dell'Immediatezza Felice o dell'Armonia Perduta, secondo cui l'uomo si sarebbe Allontanato da una situazione Originaria di Contatto e Fusione con la Natura, separandosi così dal Fondamento Ontologico del suo Essere e rendendosi in questo modo un'entità felice e Inautentica.
Dalla filosofia e specificamente dall'Idealismo scaturisce, invece, la romantica nozione dell'Uomo come Spirito. Con l'utilizzo del termine Spirito si intese sostanzialmente l'Uomo come Attività Infinita ed Inesauribile che si Autocostituisce Liberamente; in questo contesto l'Uomo È Spirito perché è l'unico Soggetto capace di dare Senso al suo Oggetto, che è la Natura.
L'Amore costituisce un altro tema romantico per eccellenza su cui si sono interrogati poeti e filosofi; esso appare come l'Estasi suprema dotata della caratteristica della Globalità, dell'Unità della Molteplicità e della Metafisicità. L'Amore, pur rivolgendosi a cose e creature Finite, in realtà è per i romantici una Manifestazione e una cifra dell'Assoluto; nell'Amore l'Assoluto non è cercato ma, in parte, già Realizzato e Posseduto.
La cultura romantica tende a dare anche una particolare visione della Storia che, in opposizione alla cultura illuministica che faceva dell'uomo l'unico soggetto della storia, tende ad identificare il soggetto della storia con la Provvidenza. La Storia, quindi, appare come il prodotto di un Soggetto Provvidenziale Assoluto, che si viene progressivamente realizzando nella molteplicità degli avvenimenti e che costituisce il momento Unificatore e totalizzante di questi. Ogni momento della Storia costituisce un anello necessario di una catena processuale complessivamente Positiva. Le Singole Epoche hanno ogni una una specifica Ragione d'Essere in relazione alla Totalità della Storia, e, in quanto tali, si sottraggono ad ogni giudizio critico e comparativo.
Connessa con lo storicismo della filosofia romantica è la riflessione Politica di questo periodo che, anche se in un primo momento assume carattere Rivoluzionario, Individualistico ed Antistatalistico, finisce, in una seconda fase, per assumere schemi politici sempre più Statalistici e Conservatori, nella convinzione che l'Individuo sia tale soltanto all'interno di una Comunità Storica Sovrapersonale, che spesso finirà per identificarsi con l'Autorità.
Per concludere l'analisi dei principali aspetti del romanticismo tedesco, analizzo il concetto di Natura, l'amore e il fascino che per essa provano i romantici costituiscono uno dei temi più caratteristici del movimento. Si perviene ad una Filosofia della Natura Organicistica, che vede la Natura come una Totalità Organizzata nella quale le parti vivono solo in relazione al tutto. Una concezione della Natura Energetico-Vitalistica, in cui la Natura si presenta come Forza Dinamica, Vivente ed Animata. Una concezione Finalistica che presenta la Natura come realtà strutturata secondo determinati scopi, sia immanenti che trascendenti. Ma anche una concezione della Natura Spiritualistica e Dialettica, secondo cui la Natura oltre ad essere un ché di Spirituale risulta anche organizzata secondo coppie di forze opposte che costituiscono un'Unità Dinamica.
Anche negli altri paesi europei si svilupperà il Romanticismo e, tenendo presente le caratteristiche basilari presentate nei riguardi del romanticismo tedesco, si può passare ad una veloce rassegna dei manifesti delle specifiche nazioni e all'elencazione dei principali rappresentanti.
La data ufficiale per l'inizio del Romanticismo Inglese è il 1789, anno della pubblicazione del Manifesto Romantico rappresentato dall'“Introduzione” di Wordsworth alle “Lyrical ballads” composte in collaborazione con Coleridge. Tra i suoi esponenti ricordo Byron (1788), Keats (1795), Scott (1771) e Austen (1775).
In Francia la nuova moda romantica è lanciata da Madame de Stael (1766) con la sua famosa opera “De Alemagne”. Posteriore a quello inglese e tedesco, il romanticismo francese si costituisce piuttosto tardi, soltanto nel 1827, abbiamo la pubblicazione della “Prefazione” di Victor Hugo al suo dramma “Cromwell”, prefazione che suole essere considerata come il Manifesto del romanticismo francese. Tra i suoi esponenti di spicco si ricordano de Lamartin, de Vigny, de Musset, Stendhal, de Balzac e Sand.
Tramite Madame de Stael, la nuova corrente arriva anche in Italia e trova nella “Lettera semiseria” di Berchet il suo primo Manifesto. Massimo esponente del Romanticismo Letterario Italiano è Manzoni, ma si sottolineano anche le riflessioni di Gioberti e Mazzini.
Importante è evidenziare, però, che il romanticismo letterario europeo ha uno spessore teorico assai più limitato di quello tedesco e appare meno intriso di temi filosofici e metafisici.